UN CAMPIONE DELLO SKYRUNNING / IN RICORDO DI MAURIZIO FENAROLI |
Scritto da Vittorio Duregon |
Mercoledì 17 Aprile 2019 21:28 |
IN RICORDO DI MAURIZIO FENAROLI
UN CAMPIONE DELLO SKYRUNNING
In un pomeriggio scuro e piovoso, di inizio primavera , a Piedicavallo, ultimo borgo della Valle Cervo, sulle montagne di Biella, il mondo podistico biellese e valsesiano ha dato l’ultimo saluto a Maurizio Fenaroli, il runner deceduto sabato 23 marzo in seguito ad una scivolata su di un ripidissimo pendìo nel corso di un allenamento sulle montagne di casa.
Aveva 45 anni e lascia due figlie adolescenti Giulia e Maria Paula. Pur se si trova vicino a Biella, la città capoluogo, e agli industriosi centri che le stanno intorno, il centro abitato di Piedicavallo ha tutte le caratteristiche del borgo alpino.
E’ situato al fondo della Valle Cervo, ha le case raggruppate ordinatamente attorno alla chiesa parrocchiale di San Michele, ha le frazioni intorno immerse nei boschi di latifoglie, i ripidi pendii della montagna a pochi metri, un ampio panorama sul fondovalle e sulla testata di una conca magnifica.
Un borgo ancora oggi abitato tutto l’anno, come i vicini Montesinaro, Rosazza, Campiglia.
Maurizio Fenaroli era una persona particolare, sicuramente un personaggio.
Lo comunicava immediatamente con il suo modo di stare e vestire, con il suo apparire empatico, sorridente,vagamente hippie.
Anche se lavorava in valle, aveva scelto di vivere lassù, a Piedicavallo.
Per stare da solo, tranquillo, essere più vicino ai suoi percorsi.
LO SKYRUNNER
Era molto popolare nel biellese, come lo sono in generei campioni locali delle corse podistiche. Ed era anche molto conosciuto in bassa Valle d’Aosta e nel Canavese. Non lo era invece altrettanto nel resto del Piemonte. Il motivo è che la sua disciplina preferita, lo ‘skyrunning’, è una declinazione della corsa in montagna che trova pochi eventi specifici nelle valli torinesi e cuneesi, dove sono più frequenti le corse in montagna di tipo classico e dove, anche gli sviluppi più recenti hanno virato verso i vertical e i trail. Da Biella, Fenaroli guardava soprattutto verso est, alla vicina Lombardia, alle Grigne, alla Valtellina e alle Orobie, al Trentino e al Veneto, fino al Friuli. Atleta girovago, si era cercato negli anni un confronto con i più forti campioni nazionali dello skyrunning, e negli eventi più importanti.
Ci riferiamo a gare come il Trofeo Kima in val Masino , alla Reseg Up e al Trofeo Scaccabarozzi nelle Grigne, alla Mozzafiato Sky Race, al Gir dii Mont, al Sentiero 4 Luglio, alla Maddalene Skymarathon, alla Stava Sky Race nel Trentino, alla Maga sky Race e così via fino alle Sky Race e Marathon della Carnia e del Friuli.
Un mondo particolare, che vede protagonisti specialisti fortissimi, poco conosciuti e presenti all’ovest.
Ne citiamo qualcuno degli anni più recenti: Gotti, Bonfanti, Sancassani, vari elementi della dinastia dei Gianola, Pintarelli, Pivk, Dapit, Butti, Beccari e altri ancora.
In questo senso Maurizio Fenaroli può essere considerato probabilmente, il più presente e significativo rappresentante dello skyrunning piemontese di questo inizio di secolo.
Una figura affine a quella di due altre grandi atlete del Piemonte del nord come Emanuela Brizio e Cecila Mora, anche se non è arrivato, come loro, al titolo mondiale nelle Word Series dello skyrunning e del trail.
Sicuramente in Piemonte era secondo ad un grande dello skyrunning come Paolo Bert. Più di lui tuttavia è andato oltre, non si è limitato a qualche sporadica partecipazione fuori regione.
Electric Trail 2012: podio Bert,Mersi,Fenaroli
Così come sono usciti poco dal Piemonte altri forti skyrunner come Claudio Garnier e Raffaella Miravalle, mentre è ancora presto per valutare l'interesse a questa disciplina di figure recenti come Camilla Magliano e Chiara Giovando.
Ma il dinamismo e i sogni di Maurizio andavano anche oltre l’orizzonte italiano..
Era stato tra i primissimi negli anni 2010-2012 a mettersi in gioco nelle World Series dello skyrunning piazzandosi,con i colori della Valetudo Skyrunning, nei top five in diverse gare di Coppa del mondo. Come alla Olla de Nuria, alla Olympos Marathon, agli Sky Games Rigaborza.
Non era stato affatto semplice per lui mettere piede, sostanzialmente da solo, in un mondo che vede concorrenti ai massimi livelli e che comporta costi notevoli, sia materiali che psicologici. Un mondo che, ai nostri giorni, si presenta ormai quasi completamente professionistico.
L’esperienza internazionale lo aveva maturato, e, quando si volse anche all’Ovest, presentandosi in alcune gare sky e nei trail, disciplina affine in grande sviluppo, raccolse successi importanti e podi. Come alla Royal Ultra Sky Marathon, al Trail dell’Oasi Zegna, all’Electric Trail, all’Alpe di Mera e in altre gare, le più diverse.
Era un corridore eclettico e completo Funambolico e attivo in discesa, tra i primi in salita, si difendeva molto bene anche sul piano, e aveva una gran tenuta nelle gare lunghe e lunghissime.
Nel 2013 si era aggiudicato, con un punteggio finale basato su vittorie e piazzamenti, il Campionato Italiano di Sky Marathon.
Con Cecilia Mora
Era polivalente, capace di vincere un Vertical importante, come a Cossogno, oppure una gara di sola discesa come a Cervinia all’X Trail, oppure una gara di sterrato pianeggiante come la Ysangarda sui 30 km , oppure un trail di montagna sui 60 km come la l’Oasi Zegna.
La sua però, più che fame di vittorie, sembrava una fame di gare, un desiderio di continuo accumulo di esperienze, luoghi, relazioni. Senza tirarsi indietro nelle gare più estreme, iconiche della disciplina, quelle dove a volte il confronto con i campioni internazionali e le giovani leve può risultare crudele e imbarazzante.
Per questo sono grande interesse le sue partecipazioni, con ottimi piazzamenti, in contesti come il Trofeo Kima o la Red Bull K3 quando aveva superato già ampiamente i 40 anni.
Red Bull K3
LE DUE ROYAL Ultra Sky Marathon del 2011 e 2013
Nel 2011 la 'Royal', la creatura di Stefano Roletti, la sky marathon che cavalca con un unico tiro tutto il settore piemontese del Parco Nazionale del Gran Paradiso, era alla sua 4° edizione, e, cresciuta solo con il solo con il passaparola, aveva catalizzato alla partenza sulla diga del Piantonetto una novantina di iscritti.
Tra di essi un poco conosciuto Maurizio Fenaroli, in quegli anni dedicato quasi esclusivamente al calendario internazionale. Per una fortuita circostanza alla partenza si schierarono anche altri fortissimi concorrenti: Giuliano Cavallo, Daniele Fornoni,Marco Zanchi, in pratica nientemeno che metà della Nazionale di Trail che aveva rappresentato l'Italia ai Mondiali in Irlanda,nella regione del Connemara.
Al comando della Royal 2011
L'esperienza era stata così coinvolgente che sull'onda dell'entusiasmo avevano ritenuto di gareggiare ancora una volta insieme, e il primo evento era stata proprio la Royal. Erano gli anni della esplosione del trail in Italia e c'era un vivissimo interesse di tutti a costituire un panorama generale del settore e una gerarchia di eventi e campioni. Fenaroli dominò la gara come un perfetto outsider, passando in testa solitario su quattro dei cinque colli del percorso. All'inizio del Vallone del Carro però, a tre quarti di gara, non vide una brusca svolta a sinistra e tirò dritto. Fu Andrea Basolo, forte atleta,ora sindaco di Ceresole, a recuperarlo chiamandolo al cellulare. Distanziato ormai parecchio, anche se ancora in quarta posizione, Maurizio fece allora una rimonta incredibile recuperando almeno una dozzina di minuti e tornando di nuovo sotto ai primi sul Colle di Nel,ultima salita. Ma ormai non aveva più energie per competere nella discesa finale. Arrivò terzo a soli tre minuti dal vincitore Giuliano Cavallo e da Marco Zanchi. Ma per tutti era il vincitore morale. Fornoni definì la sua prestazione 'impressionante' .
A questo punto era diventato il re in pectore di una Royal che nel frattempo era diventata biennale. L'investitura ufficiale era rimandata al 2013.
Nel 2013 la Royal era letteralmente esplosa,oltre 400 partenti tra Royal e Roc ,la nuova nata,più breve, sulla distanza dei 30 km. Erano passati due anni, e le condizioni fische, si sa, non sono mai le stesse.
La grandiosa partenza della Royal dalla diga del Piantonetto
Non sarebbe stato facile ripetersi,il campo dei veri concorrenti era perlomeno raddoppiato,anche se lo confortava il fatto di avere vinto un mese prima il trail dell'Oasi Zegna,davanti a Stefano Trisconi, Miki Dola e Stefano Ruzza.
Maurizio scelse di condurre una gara prudente e di prendere il comando solo oltre metà gara.
Terminò primo, mettendosi dietro Claudio Garnier, Berlinghieri, Roux, Fedel, Ruzza,e altri avversari di rilievo.
Vincitore alla Royal 2013
A sopire gli entusiasmi però con la consueta franchezza disse 'non è stato facile', disse, 'questa volta ho faticato molto'. Erano i suoi alti e bassi. Due mesi dopo, al Tartufo Trail, Clemente Berlinghieri gli avrebbe soffiato per un niente il titolo Italiano di CampioneTrail 2013 Fisky.
I DUELLI CON ENZO MERSI
In campo Biellese e Valsesiano si era misurato in una piazza occupata da un re incontrastato della corsa in salita come Enzo Mersi, che per anni ha infilato lunghe serie di vittorie consecutive nelle gare più importanti.
I suoi duelli con Mersi rimarranno nella memoria, anche perché resi saporiti dalle differenze fisiche e caratteriali tra i due.
Si può dire tuttavia che sempre sono rimasti nell’ambito del rispetto reciproco e questa reciproca conoscenza ha favorito spesso la formazione di una alleanza vincente nelle gare di coppia.
Nonostante lo spazio limitato era riuscito comunque a vincere la gara più prestigiosa e attrattiva del biellese, la Biella-Monte Camino, e probabilmente, almeno una volta, tutte le gare locali di montagna: la Coggiola-Monte Barone varie volte, la Graglia–Mombarone, la Piedicavallo-Rifugio Rivetti, il Trail del Monte Casto, la Ysangarda nella baraggia di Candelo.
L’INCIDENTE
Il giorno dell’incidente, sabato 23 Marzo, Maurizio presumibilmente era intenzionato a fare un allenamento ‘lungo’ percorrendo un anello sulla montagna a partire dalla sua casa a Piedicavallo. Correndo si era portato inizialmente a Montesinaro e di lì alla frazione Sellette di Rosazza, dove era stato visto transitare alle 10 del mattino.
Poi molto probabilmente aveva continuato, in una ascesa fuori sentiero, sulla dorsale sinistra del vallone della Valdescola fino ad arrivare al colle del Manzo.
Monte Manzo in primo piano,dietro la Cima di Bo, sulla sinistra il versante della Valdescola
Dal colle, seguendo tracce di un sentiero segnalato, il Sentiero del Rosa, ma poco frequentato, avrebbe preso il lungo traverso erboso che taglia il ripidissimo versante del sottostante vallone della Valdescola, passa sotto la Punta del Manzo e che porta alla Cima di Bo, la cima più alta e panoramica della zona. Una traccia a volte esigua,che si presenta su erba olina alternata a placche, su un terreno di pericolosi ‘balzi’, protetta solo per qualche tratto da corde fisse. A tutto ciò bisogna aggiungere, in inizio primavera, la probabile presenza di qualche traccia di neve e ghiaccio, e la mancanza di erba cui eventualmente attaccarsiin situazioni difficili.
In questo contesto, peraltro non nuovo ad altri incidenti in passato, sarebbe avvenuta la scivolata fatale a Maurizio.
Tra Cima di Bo e Punta del Manzo (nascosta),in primo piano tratti con corde fisse
Si ringrazia Corrado Martiner Testa, autore del libro Passeggiate sulle montagne del Biellese Blu Edizioni 2013, per aver gentilmente fornito alcuni chiarimenti geografici.
TIKE SAAB MAURIZIO Un accostamento immaginario tra Maurizio Fenaroli e l'alpinista Guido Machetto. Una generazione di differenza ma nati a pochi km l'uno dall'altro.
L'espressione 'Tike Saab' dice qualcosa nel biellese,compare spesso. E' la denominazione della associazione delle Guide Alpine di Biella e della loro Scuola di alpinismo. Sono dedicate al ricordo dell'alpinista Guido Machetto, di Andorno, sempre in Valle Cervo,caduto sulla Tour Ronde nel gruppo del Monte Bianco nel 1976. Maurizio Fenaroli era nato da tre anni. Non sappiamo quanto sapesse o si fosse interessato alla figura del suo grande compaesano Guido Machetto, ma tra i due ci sembra di scorgere interessanti analogie forse non del tutto casuali. In sintesi: due spiriti liberi,aperti al mondo, innovativi,solitari,visionari. Ci permettiamo un ricordo personale, che giungerà inedito ai più giovani e forse anche a quanti hanno conosciuto di persona Guido Machetto.
TIKE SABAB è una espressione nepalese che significa 'buona fortuna' ed era stata adottata da Guido Machetto come titolo di un libro,una breve raccolta di note,scritte anche da alcuni dei suoi compagni di cordata, riguardanti alcune delle sue imprese. Machetto stava sviluppando in quegli anni un progetto di alpinismo molto avanzato,innovativo. E credo che non fosse affatto un caso che provenisse da Biella,cità avanzata,aperta al mondo.
Guido forse non lo sospettava, ma a Torino, nei primi anni 70 eravamo in molti,giovani appassionati di montagna, poco interessati alla pseudo rivoluzione,tutta letteraria del nuovo Mattino, a sentici suoi fans,a documentarci e commentare la sua attività, attenti ad ogni notizia che ci arrivasse sui suoi progetti. Che discussioni quando ci fu il salvataggio con l'elicottero dal Colle di Peuterey, con Gogna e altri, nel corso del tentativo della integrale della cresta del Peuterey in invernale ! Oppure ansia e delusione per la spedizione con Gogna e altri all'Annapurna II,interrotta per una tragica slavina,dove morirono i suoi compagni abituali Leo Cerutti e Miller Rava.
Guido non era solo un forte rocciatore,sarebbe stato riduttivo. Eccelleva sul misto, era un occidentalista nel senso più completo. Ormai maturato non era più proteso ad accumulare nuove vie o ripetizioni su montagne già battute. Per lui l'alpinismo era anche viaggio,avventura,libertà. In occasione di una spedizione in Hindukush, si era portato in loco via terra con un pulmino, tutto il materiale dentro. Era un test, un'esperienza, e un vivere di più l'avventura. Aveva intuito con grande anticipo che la nuova vera frontiera dell'alpinismo mondiale negli anni settanta era risolvere i problemi alpinistici con lo stile alpino portato fuori delle Alpi: in Himalaya e nel Karakorum,nelle Ande,in Patagonia,in Alaska. Aveva compiuto due grandi ascensioni sul Tirich Mir nel 1974 e75, un quasi ottomila molto difficile, e la seconda era sicuramente superiore,anche se di minor successo mediatico, alla contemporanea impresa della cordata Messner-Habeler sul Gasherbrum I. Sul Tirich Mir aveva adottato uno stile super leggero,con un solo compagno,nella prima Beppe Re, nella seconda Giorgio Calcagno, il forte alpinista genovese; niente ossigeno,tempi rapidi,spedizione con un budget minimo. Si dibatteva sempre nella cronica difficoltà di reperire risorse,faceva fronte in prima persona ad ogni necessità organizzativa. Tra una spedizione e l'altra lo potevi incontrare,come mi è successo, al suo bar preferito,ad Andorno,disponibile a parlare con chiunque di quello che faceva in giro per il mondo,antieroico,immerso comunque sempre anche nello spirito di quegli anni.
Aveva fatto il muratore a Parigi,il rappresentante,il maestro di sci,la guida alpina. Aveva una sua cultura, una scrittura sopraffina, era soprannominato dagli compagni il poeta del gruppo.
Sperava di vivere di alpinismo a tempo pieno,tra spedizioni, sponsor trovati e da trovare, una Accademia di Alpinismo,libri.
Un personaggio che in quegli anni portava avanti la grande tradizione dell'alpinismo classico italiano, nel periodo successivo ai tempi del K2 e alle imprese di Bonatti e Mauri.
Significativa in questo senso era stata la sua collaborazione con il gruppo dei Ragni di Lecco in varie imprese. Era insomma portatore di una visione di un alpinismo di tipo classico,di punta,occidentalista e cooperativo. Tanto nostro ed umano quanto Messner con il suo crescente successo mediatico ci appariva teutonico,efficiente,vincente, ma meno appassionante quanto a imprese e in definitiva, meno simpatico. Machetto ha lasciato un grande vuoto. Con i genovesi Gogna e Calcagno ed altri amici biellesi,valdostani e aveva costituito una piccola rete che cercava di mettere in piedi spedizioni e realizzazioni che si volevano in linea con le maggiori imprese di quel periodo a livello mondiale. Fu l'ultima fiammata occidentalista. La sua perdita fu un abbassamento repentino di orizzonte per tutto l'alpinismo delle Alpi dell'Ovest. Dopo di lui,entrati nella sbornia del Nuovo Mattino,si ricadde nel provincialismo e nel vuoto di eccellenze che dura tuttora. Sono sicuro che in Maurizio Fenaroli c'era molto di tutto questo. I tratti comuni sono evidenti e sicuramente ambientali.
TESTIMONIANZE
ENZO MERSI
Che ricordo hai di Maurizio? Erano più di quindici anni che ci conoscevamo, siamo stati rivali, ed eravamo due persone molto diverse. Io più riservato lui più esuberante, comunque alla fine ci rispettavamo. Era una persona con cui magari era difficile creare un rapporto, ma alla fine io mi sono accorto, adesso che ci manca, che ci volevamo bene, condividevamo la stessa passione e avevamo la stessa determinazione nel cercare di raggiungere degli obiettivi. E lui, lo so, quando si fissava su una cosa, voleva raggiungerla. Facevate gare molto simili..
Si, lui era più forte in discesa, io più forte in salita. Ci trovavamo in diverse gare, a volte vinceva lui, a volte io.
Lui era fatto a suo modo, era un po’ imprevedibile, non era facile decifrare come stava, era sempre una mina vagante diciamo.
Lui preferiva lo skyrunning lungo, dove c’era più discesa. Era già dotato di natura, ma in discesa si buttava, non guardava in faccia a nessuno, non aveva paura del rischio, se cadeva, nessun problema, si tirava su e via.
Come corsa in montagna, qui nel biellese, è stato il tuo principale avversario. Si, qui ha vinto una Biella-Monte Camino, varie volte sul Monte Barone, un po’ di trail. Poi lui andava anche in Lombardia a farsi lo skyrunning. Avevamo fatto anche due tre volte una gara a coppie insieme nel Canavese.. Dal punto di vista sportivo ci conoscevamo bene.
In certe gare aveva l’abitudine di limare il percorso, io lo staccavo in salita, lui tornava sotto in discesa tagliando i tornanti. Allora io gli dicevo, guarda che non si fa, e lui mi rispondeva sorridendo, vabbè dai non incavolarti. Per lui non era poi così importante. Lui era già pronto per fare festa nel dopo gara.
Enzo Mersi
BARBARA CRAVELLO
Ci puoi fare un profilo di Maurizio?
La prima volta che ho visto correre Maurizio era al Bàngher, il primo dei Trail del Bangher, all’incirca nel 2006. Già gareggiavamo entrambi ma su gare diverse, io avevo i bimbi piccolini e stavo più in zona, invece lui girava già parecchio.
Ci siamo visti poi in tante altre occasioni, ultimamente anche fuori di qui come al K3. L’ultima volta che abbiamo gareggiato insieme è stato al Vertical del Cervino l’estate scorsa.
Io avevo un po’ di acciacchi, lui anche, però io sono riuscita a vincere la gara di salita, lui quella di discesa. E’ stata l’ultima volta che l’ho visto in gara, ma è stato bello, come biellesi ci eravamo difesi bene.
Lui dal punto di vista sportivo era un fisico fortissimo, si allenava tanto, forse a volte questa sua passione lo portava ad esagerare perché lui non aveva schemi di allenamento.
Rispetto ad altri atleti, era uno spirito libero, un po’ come sono anch’io, a volte faceva troppi km, esagerava, rischiava di farsi più male che bene. Però lui non lo vedeva tanto come allenamento, ma come modo di fare, girare, vedere la montagna, stare a contatto con la natura. Ci sono stati alcuni anni, quando ha fatto i Mondiali di trail di lunghe distanze che era uno dei più forti in Italia ma anche a livello mondiale era uno notevole. Era stato uno dei primi a provarsi nei circuiti internazionali dello skyrunning... Si infatti. Io l’ho conosciuto tardi anche per questo, lui girava parecchio ed era conosciuto quasi più a livello nazionale e internazionale che non qui nel biellese.
La scorsa estate ha avuto qualche acciacco alla testa del perone, e tre settimane fa ci siamo trovati tutti e due in piscina. Io ho un problema al piede che mi sto trascinando, e lui mi ha detto, si , il problema è passato da una parte, ma è venuto sull’altra gamba, forse è meglio che appendiamo le scarpette al chiodo. E io risposi: io in questo periodo le ho appese, ma mi sa che tu continui a tenerle sempre belle pronte. Purtroppo era proprio così.
Oasi Zegna 2013 Barbara Cravello vincitrice
E’ un dolore per tutti noi, non è solo lui che se ne va , ma un pezzettino di tutte le persone che sono qui oggi. D’altronde i rischi in queste cose ci sono, tanto più se vengono fatte di corsa, in velocita. E’ mancato facendo quello che gli piaceva più fare, però che sogno sarebbe se avesse passato questa fase e fosse vissuto con noi altri trent’anni.
STEFANO GIACCOLI
Qualche episodio su Maurizio me lo ricordo molto bene, a parte come ottimo avversario negli anni. Nel 2013 alla Piedicavallo-Rifugio Rivetti, ci siamo scannati andando su, ovviamente era un grandissimo atleta. Mi è rimasto però il ricordo della grande sportività nel dopo la gara. Gli piaceva competere ed essere competitivo, come tutti. Però gli piaceva anche far festa dopo la gara, era un festaiolo. Chi era arrivato primo?
Né io né lui. Io avevo sbagliato strada su in punta ed ero stato secondo, lui terzo. Però lui aveva questa immensa voglia di divertirsi, di far festa dopo le gare. Poteva vincerle o perderle, lui si divertiva.
Dal punto di vista sportivo era un atleta completo: era fortissimo in salita, altrettanto in discesa, anzi in discesa veramente eccezionale, forse meno dotato in pianura ma comunque forte anche lì. Assolutamente un bruttissimo cliente quando lo incontravi.
In genere facevano gare diverse, lui gare lunghe, io più nervose, più corte, Nella gara corta raramente vinceva, però nel lungo era forte, era resistente per km e ore. Era bellissimo da veder correre, un danzatore, molto elegante.
MAURIZIO SCILLA
Maurizio, vorrei chiederti se hai qualche ricordo personale, su Maurizio Fenaroli e se vuoi azzardare un tuo giudizio complessivo sulla sua figura di atleta. Maurizio lo conoscevo da tanti anni, era un personaggio un po’ particolare, aveva una scorza superficiale da orso, però poi, se c’era da far festa, era il primo a bersi ventisette birre in compagnia. Non conoscendolo bene qualcuno poteva pensare che se la tirasse e invece era proprio il suo carattere che era così, un po’ schivo. Quando mi hanno chiamato e mi hanno detto che Maurizio Fenaroli era sparito da alcuni giorni io ho sperato in una cosa, non un miracolo, ma una, come posso dire, si, una cazzata sua. Chissà, forse Mauri è in Spagna, si sta divertendo come un matto e sta facendo festa. Ritornerà tra quindici giorni, gli faranno un bel mazzo, ma sarà vivo. Era solo una speranza.
Come sportivo, veramente, c’è solo Paolo Bert meglio di lui in Piemonte.
Ha fatto delle grandi cose. Grande discesista, li faceva sempre una differenza. Credo che nella sua vita sportiva si sia tolto delle belle soddisfazioni, anche a livello nazionale.
E poi era diverso da tutti gli altri.
Due anni fa al Casto hanno sbagliato lui e Mersi, diciamo colpa metà e metà, un po’ colpa mia, non avevo balisato perfettamente. E un po’ era colpa loro, perché erano andati a infilarsi in un tratto che non si è mai fatto al Casto.
Trail Oasi Zegna 2013 Maurizio Fenaroli vincitore, Maurizio Scilla speaker Mauri si è poi ritirato, e io non l’ho più visto quel giorno per chiarire e fare due parole. Mi sentivo in colpa. Però avevo una sua giacca nella mia auto, e al lunedì era passato a casa a ritirarla. Gli dico, Mauri scusa per ieri, e lui, ah niente, avevo mal di schiena e mi sarei ritirato.. Quindi, da parte sua polemica zero, assolutamente zero. Io voglio ricordarmi quel Maurizio lì.
E’ venuto al K3, il triplo Vertical sul Rocciamelone, nel 2018 e ha fatto una gran gara, perché su quel tipo di salite diceva ancora la sua. A 44 anni aveva avuto solo due italiani davanti, Tutti gli altri erano giovani e specialisti internazionali dei vertical. Probabilmente è stata la sua ultima bella gara. Tanto più che non era in una stagione di gran forma per vari acciacchi, e non si era potuto certamente preparare bene. Lì aveva fatto una gran cosa. Un gran giorno dei suoi, come tanti altri avuti in carriera.
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