70 CAMPIONI DELLA CORSA IN MONTAGNA scelti da CARLO DEGIOVANNI / GLI INVINCIBILI DELLA VAL PELLICE |
Scritto da Vittorio Duregon |
Venerdì 01 Dicembre 2017 22:08 |
UN LIBRO A CURA DI CARLO DEGIOVANNI
GLI INVINCIBILI DELLA VAL PELLICE
CORRERE NELLA STORIA A BOBBIO IN VAL PELLICE
UNA IMPERDIBILE GALLERIA DI 70 CAMPIONI DELLA CORSA IN MONTAGNA
TRAIL degli INVINCIBILI Lo sport incontra la storia A cura di Carlo Degiovanni Fusta editore pag 256 Sett 2017 € 15
ordinabile in libreria, su Amazon o scrivendo a Carlo Degiovanni Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
Il TRAIL DEGLI INVINCIBILI ha tenuto con pieno successo la sua seconda edizione domenica 1° ottobre 2017. E' stato un importante consolidamento, con 300 classificati, cento in più rispetto all’edizione 2016.
E’ una gara con Partenza e Arrivo in Bobbio Pellice, che si svolge principalmente percorrendo ad anello il selvaggio vallone del torrente Subiasco, dove una antica e ardita mulattiera si inoltra, in luoghi di grande suggestione, tra torrenti, pareti e guglie rocciose.
Fu la fortezza naturale da cui operarono i fuggiaschi valdesi, gli Invincibili, quando nel 1687, resistettero all’annientamento del loro popolo tentato dalle truppe ducali e francesi.
E' un itinerario che peraltro si svolge in buona sicurezza, ed è spesso scelto per le gite delle varie associazioni escursionistiche e di montagna. Nella parte finale il percorso si allarga per toccare le frazioni del vallone del Cruello prima di rituffarsi sul traguardo di Bobbio.
Anche qui si corre nella storia: praticamente ogni sentiero, ogni borgata, ogni località è legata alle vicende della persecuzione dei valdesi nei secoli XVI e XVII . Nel complesso un tracciato di 20 km con un D+ di 1300 m. Come nel 2016 il vincitore maschile è stato il grande Paolo Bert, lo skyrunner più completo ed esaltante degli ultimi 20 anni in Piemonte. Dietro di lui incalzano le nuove leve, i vincitori di domani: Filippo Barazzuol, Diego Ras, Lorenzo Becchio. Tra le donne vittoria di Alessandra Bianco davanti a Daniela Bonnet e alla giovane Giulia Oliaro.
Il bacino della Val Pellice, in Piemonte, è quello dove si trova più compatto e numeroso il popolo della corsa in montagna, quella allo stato puro, quella specialistica.
C’è una lunga tradizione in tal senso, per la quale potremmo richiamare, la grande storia della ‘Tre Rifugi’.
Però per rendersi conto della forza che tutt’ora ha questo movimento basta semplicemente osservare che questa fase di avviamento del Trail degli Invincibili , che pure è arrivato a oltre 300 partenti, è sostenuta per almeno due terzi, dalle sole squadre podistiche locali: Atletica Val Pellice, Sport Club Angrogna, Podistica Valle Infernotto, SD Baudenasca, Gasm Torre Pellice, Atletica Pinerolo, GS Pomaretto.
E’ uscito da poco un libro, veramente inusuale e prezioso, a cura di Carlo Degiovanni, che illustra e documenta ampiamente tutto quanto abbiamo evidenziato sopra: -la selvaggia bellezza del Vallone di Subiasco -la sua grande importanza storica quale estremo arroccamento dei resistenti valdesi nel tragico settembre del 1686, -la grande tradizione della corsa in montagna nelle valli ‘valdesi’ richiamata attraverso i ritratti e fotografie dei principali campioni, dagli anni 70 ad oggi.
Si tratta di un libro veramente raro, che ogni appassionato dovrebbe possedere prima che l’edizione vada esaurita e diventi introvabile.
La prima parte del libro consiste in una ragionata guida ambientale e storica al percorso, seguito passo passo con carta e foto, così avvincente che, leggendo, sembra di essere dentro il trail stesso, e comunque un potente invito a ritornarci per gustarne con più calma tutti i punti di interesse.
Nella seconda parte Davide Rosso, Direttore del Centro Culturale Valdese illustra estesamente il motivo e il contesto storico per il quale il Vallone del Subiasco è stato denominato ‘degli Invincibili’.
Il 1686 e gli Invincibili : un momento storico preciso
L'epopea degli Invincibili si riferisce ad un passaggio storico molto preciso della storia della popolazione delle cosiddette 'valli valdesi': Val Pellice e Val Germanasca e alta Val Chisone.
L' origine del 'movimento' valdese, ad oggi ormai quasi millenaria, risale a Valdo, un commerciante di tessuti di Lione che nel 1170 si spogliò dei suoi averi per dare vita ad un movimento di poveri che, pur rimanendo laici, predicavano su brani delle sacre scritture che loro stessi avevano fatto tradurre e semplificato in lingua volgare. Una situazione molto simile a quella di San Francesco, ma che portò per i valdesi portò ad una scomunica e ad una estromissione dalla chiesa cattolica.
Nonostante fosse diventata oggetto di feroce persecuzione da parte della Inquisizione, il movimento si diffuse tenacemente sotto traccia in importanti regioni europee, tra le quali, la Lombardia, le Fiandre, la Boemia, il Delfinato e le valli del Piemonte occidentale, le Marche, la Puglia e Calabria.
Era una chiesa del silenzio, segreta, orizzontale, dove le riunioni erano clandestine, e le famiglie/piccole comunità venivano visitate sporadicamente da ‘pastori’ itineranti, che in continuazione, due a due, sotto mentite spoglie coprivano un amplissimo territorio.
I movimenti 'protestanti' che vennero nel XVI secolo trovarono il terreno già preparato da questo antico e misterioso movimento della ‘valdesìa’, che però ormai dopo tre secoli di persecuzioni (siamo per altro anche nei secoli della diffusa caccia alle streghe) era confinato in aree marginali e anche forse diventato obsoleto per arpirare a contrastare una chiesa cattolica sempre più potente e trionfante.
Quando dopo il 1517 Lutero diede avvio al dirompente movimento ‘protestante’ e in particolare quando poco dopo nei cantoni della Svizzera si diffuse più propriamente la ‘Riforma’, con epicentro a Ginevra dove predicava Giovanni Calvino, l’assemblea dei ‘pastori’ delle valli piemontesi e del Delfinato, riunita a Chanforan in valle Angrogna nel 1532, decise di aderire alla Riforma.
Questo comportava uscire allo scoperto, fare funzioni pubbliche, stabilizzare una struttura territoriale dei ‘pastori’, tenere i collegamenti con il resto dell’Europa, in breve significò entrare nella politica internazionale come avamposto dei territori riformati a sud delle Alpi, proprio alla vigilia delle guerre di religione che avrebbero presto insanguinato il vecchio continente.
D’ora in poi non sarebbero stati solo roghi individuali ed episodiche vessazioni contro una popolazione pacifica e ligia ai propri doveri verso il Ducato di Savoia, ma vere e proprie spedizioni militari e pogrom pretesi dal Papa e organizzati da un clero fanatico nel clima della Controriforma Cattolica.
Dopo varie ondate estremamente sanguinose a stento arginate nell’arco di circa 125 anni, nel 1686 vi fu l’attacco più terribile, quello il cui vero obiettivo era la definitiva pulizia etnica. I ducali di Vittorio Amedeo II°, almeno 5.600, e 4.000 dragoni francesi attaccarono contemporaneamente dalla Val Pellice e dalla Val Germanasca, un territorio dove vivevano in tutto circa 13.000 anime.
Dovevano annientare le eventuali difese, uccidere e asportare tutta la popolazione non manifestamente cattolica, svuotare le valli per far posto a nuovi abitanti cattolici provenienti da Savoia e Piemonte.
Henri Arnaud
L'invasione, portata con estrema brutalità anche per la presenza di bande armate di volontari della pianura fanatizzati dal clero, ebbe successo e, di borgata in borgata in tre giorni fu soppressa ogni resistenza. Almeno 2.000 furono i morti, 8.800 i prigionieri che vennero dispersi in varie prigioni e fortezze del ducato, dove più della metà morirono presto di stenti. Circa 2000 furono quelli che accettarono di convertirsi. I raccolti, le case egli animali erano stati distrutti, i bambini e i fanciulli rapiti alle famiglie per essere avviati altrove verso una rieducazione cattolica.
Il popolo valdese in queste valli non esisteva più. E c'era inoltre un importante significato politico: l' avamposto italiano della Riforma era stato pesantemente attaccato suscitando grandissima sensazione nel nord europa. Il piano del Duca prevedeva che in poche settimane le terre liberate sarebbero state riassegnate alle nuove famiglie che si sarebbero insediate. Fu a questo punto che una estrema e disperata resistenza ebbe successo e fu foriera a breve della rinascita valdese: dopo alcune settimane alcuni resistenti che erano sfuggiti alla cattura e che si trovavano fuggiaschi sui monti, si radunarono e iniziarono a portare sanguinose azioni di guerriglia che disturbassero la riorganizzazione cattolica. Annidati nel vallone del Subiasco,erano imprendibili e sempre più audaci nelle loro azioni, che arrivarono anche a sanguinose rappresaglie a danno delle popolazioni cattoliche limitrofe. Erano gli 'Invincibili'.
Vittorio Amedeo II pragmaticamente propose loro una trattativa che essi accettarono solo dopo essersi consultati con Ginevra: avrebbero avuto salva la vita e il permesso di espatriare nella Svizzera riformata con i loro famigliari recuperati tra i prigionieri; inoltre avrebbero conservato le loro armi e sarebbero stati scortati e spesati fino alle porte di Ginevra; osservatori svizzeri avrebbero vigliato sulla tenuta degli accordi. Inoltre il Duca dovette promettere ai mediatori svizzeri che avrebbe organizzato, subito dopo, l’espatrio di tutti i prigionieri valdesi verso la Svizzera.
Se pure al momento erano stati cacciati dalle loro terre, se pure furono solo 2.700 quelli sopravvissuti che arrivarono a Ginevra dopo il tristissimo 'Esodo dei Valdesi', effettuato nel Gennaio e Febbraio 1688 dal Piemonte a Ginevra attraverso il Moncenisio e la Savoia, perlomeno, veniva mantenuta l’unità e l'identità di quello che rimaneva del popolo valdese. Questo fu il risultato storico e politico raggiunto dagli ‘Invincibili’. Una premessa indispensabile di quello che sarebbe successo solo due anni dopo: il 'Glorioso Rientro' nelle valli natie, armi alla mano, di una spedizione di 900 armati, determinati a portare la guerriglia e a resistere, sperando che nel frattempo lo scenario politico portasse ad una avanzata dei paesi riformati e si allentasse la pressione della autorità secolare. Cosa che clamorosamente avvenne tre anni dopo con il passaggio di Vittorio Amedeo II alla coalizione antifrancese nel contesto della quale Inghilterra e Olanda, le nuove potenze riformate, pretesero l’immediata sospensione di ogni azione ostile contro i valdesi.
Il 4 giugno 1690 il leader dei valdesi Henri Arnaud venne ricevuto al castello di Moncalieri dal Duca che disse: “Avete un solo Dio e un solo principe da servire: servite l’uno e l’altro fedelmente. Finora siamo stati nemici, ma d’ora innanzi dobbiamo essere buoni amici. Altri furono cagione dei vostri guai. Ma se, come è vostro dovere, esporrete la vita al mio servizio, io esporrò la mia per voi e finché avrò un pezzo di pane ne avrete la vostra parte”. Ora il Duca offriva tregua e rispetto perché aveva bisogno di aiuto nella guerra contro la Francia. Nei decenni successivi non sempre lo scenario sarebbe stato così favorevole ed altre persecuzioni sarebbero arrivate, soprattutto a danno dei valdesi dell’alta Val Chisone, allora sotto il dominio francese, che sarebbero stati scacciati e costretti ad emigrare in Germania.
La fine di ogni discriminazione civile e politica sarebbe arrivata solo nel 1848 quando Carlo Alberto, pochi giorni dopo lo Statuto, quasi a sorpresa, avrebbe firmato le ‘Lettere patenti’ che avrebbero concesso ai valdesi diritti civili e politici pari a qualsiasi cittadino del Regno Sardo: diritto allo studio, alle cariche pubbliche, alla iniziativa economica all’acquisto di terre.
La notizia portata prontamente durante la notte diede luogo immediatamente a preghiere di ringraziamento e ad entusiastici festeggiamenti nelle valli dove vennero accesi roghi di giubilo, che tutt’ora per tradizione hanno luogo ogni 16 febbraio.
I 70 INVINCIBILI DELLA CORSA IN MONTAGNA
Vi è poi la terza parte del libro, interamente a firma di Carlo Degiovanni, e direi che per noi runners della montagna è la più preziosa, perché innovativa e assolutamente unica.
Direi persino che è grande fortuna per il movimento della corsa in montagna in Piemonte poterne disporre.
Consiste in una galleria di campioni che dagli anni ’70 ad oggi hanno lasciato il loro sigillo di vincitori nelle numerose e importanti competizioni di corsa in della Valle Pellice.Solo in Val Pellice, perché, come dice l’autore, ‘non basterebbe l’Universo’, ma è sufficiente per tratteggiare una gran parte della storia di questo sport nell’Italia nord occidentale.
Sono ben 70 ritratti, da due a quattro pagine ciascuno corredati di foto e carriera sportiva e arricchiti da una quantità enorme di informazioni sulle gare, sui tempi, sui contesti e lo sviluppo istituzionale della disciplina, gli aneddoti e i ricordi.
Maria Long - Paola Didero Tre Rifugi 1986
La penna di Carlo Degiovanni, solo apparentemente leggera e ironica, è mossa da un sentimento profondo di affetto e di stima, vuole restituire e fissare su carta quel Riconoscimento che sicuramente questi protagonisti hanno avuto in passato, ma la cui lezione andrebbe dispersa se non vi fosse un narratore, un testimone che ne raccoglie e ne fissa la memoria.
Per citarne solo qualcuno forse sarà opportuno scegliere tra quelli per cui il trasporto Degiovanni sembra più percepibile, forse per motivi anche personali: Willy Bertin quello con i titoli più pesanti, Paolo Bert, Mirella Cabodi, Paolo Brunofranco, Silvio Gerlero, Carlo Dalmasso, le leggendarie coppie della ‘Tre Rifugi’ Erminio Nicco e Silvio Calandri, Marco Morello e Marco Treves, quelli che hanno spaziato ‘oltre’ come Marco Olmo e Dario Viale, quelli che sono venuti da fuori a misurarsi qui come Paolo Coda e Claudio Galeazzi, quelli della Valdossola come Adriano Scrimaglia, Carluccio Chiara, Giovanni Mostacchetti, quelli che hanno dato tutto qui e hanno segnato un’epoca come Elio Ruffino, Mario Andreolotti, Bruno Poet, Marco Sclarandis,Gabriele Barra.
Il quadro dei 70 invincibili è completo? E’ chiaro che non potrebbe esserlo, non solo per la difficoltà a tracciare un confine netto, ma anche per la possibile riservatezza o per intuibili difficoltà a rintracciare tutti.
Vengono in mente soprattutto le assenze di Edo Ruffino,Felice Oria e Giuseppe Genotti, tra i protagonisti degli anni 70 e 80; e anche quella di Severina Pesando che è solo citata nella scheda di Claudia Priotti, ma con la quale stabilì nel 1984 il formidabile record femminile della Tre Rifugi in 2h 46’47”, mai più battuto.
Un altro grande invincibile, ma che forse non ha lasciato il segno in Val Pellice, è stato sicuramente Marco Gozzano, figlio di quella Maddalena Gozzano, anche lei degna di una scheda, e purtroppo ora compianta, che vinse le prime due edizioni della Tre Rifugi , quando nel 1980 fu aperta alle donne.
Qualche altro invincibile infine si sarebbe potuto aggiungere in coda, penso ad atleti come Danilo Lantermino e Maurizio Fenoglio, che si sono spesso scontrati con i Paolo Bert e Claudio Garnier ma che si sono comunque distinti come vincitori in vari trail degli anni più recenti.
Carlo Degiovanni
Però,come detto, è difficile tracciare un confine netto nel campo delle valutazioni e talvolta ci sono anche problemi concreti che si oppongono alle migliori intenzioni. Carlo Degiovanni è un maestro nell'arte di nobilitare e di dare spessore, sportivo e civile, alla corsa in montagna. Gli eventi e i riverberi dei media passano, ma i libri sono pietre e restano. E questo libro è un robusto macigno, al quale si potrà in futuro fare riferimento. Come spesso si dice "non si inventa nulla" e chi,in futuro, toccato dalla passione per il nostro bellissimo sport, cercherà di comprendere le cose con sempre maggiore chiarezza, troverà in questo libro molte risposte.
La generosità dell’autore, atleta del passato, ma anche organizzatore e animatore del movimento, arriva al punto di concedere credito anche ad alcuni promettenti giovani, inserendo una sezione di ‘futuri invincibili’ nella quale troviamo Andrea Barale, Lorenzo Becchio, Giovanni Bosio, Paride Cavallone, Federica Collino, Gianluca Ferrato, Gioacchino Gilardi, Giulia Oliaro, Diego Ras, Andrea Rostan. Cosi come una scheda ciascuno viene riservata ai due regolaristi che hanno vinto la classifica finale dell’impegnativo Circuito dei Trail Occitani : Antonio Votano e Silvia Pepino.
Andrea Rostan
Per tutti vengono citate gare, tempi, record personali, informazioni personali.
In sintesi.. un libro appassionante e utile, che un innamorato della corsa in montagna non smetterebbe mai di compulsare.
Il popolo della Tre Rifugi intorno alla leggendaria coppia 'Treves-Morello'
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