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RICORDO DI DANIELE VOTTERO REIS Skyrunner deceduto sul Monte Argentera il 26 Aprile 2014
Scritto da Vittorio Duregon   
Venerdì 07 Novembre 2014 20:27

 

ALLA 38° IVREA - MOMBARONE

IL RICORDO DI 

DANIELE VOTTERO REIS

Skyrunner

deceduto il 26 Aprile 2014

sul Monte Argentera

 

 

con una testimonianza di 

CLAUDIO GARNIER 

 

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Un comunicato letto prima della partenza, un minuto di silenzio e un applauso finale.

E dopo la gara, un commosso ricordo nella cerimonia delle premiazioni e un Premio Speciale messo a disposizione e consegnato direttamente dai genitori e dai due fratelli.

Così è avvenuto, nella 38° Ivrea – Mombarone, l'estremo commiato del mondo della corsa in montagna da Daniele Vottero Reis, il giovane e fortissimo sky runner deceduto il 26 Aprile 2014  in una sciagura alpinistica nel Canalone di Larousa sul monte Argentera, nelle Alpi Marittime. Aveva appena 25 anni.

 

 

Alla Ivrea-Mombarone Daniele era particolarmente legato.

img 7853 copia

 

Era di Ivrea, vi aveva debuttato giovanissimo a 19 anni, e negli anni successivi era stato sempre presente, sempre piazzandosi tra i primi 20 e cogliendo un bellissimo 6° posto nel 2011 con il tempo di 2:13:20.

Era protagonista nonostante ultimamente facesse pochissime gare e qualche volta l’allenamento non fosse all’altezza delle aspettative su di lui.  

Faceva parte degli Amici del Mombarone, la società organizzatrice, era il loro elemento di punta.

Ho incontrato Daniele poche volte, forse tre o quattro; poche parole anche perché era un tipo schivo, che frequentava poco le gare.

 

 

398 copiaSempre però ne ho tratto una impressione molto forte, un ragazzo educato, pulito, un po’ appartato, ma comunque tranquillo e sicuro.

Come se un campioncino di college, per occupare una domenica, si fosse presentato in una gara di sky running, preferibilmente estrema.

La prima volta che incontrai Daniele fu a fine Luglio del 2011 alla Royal Ultra Sky Marathon, la durissima 54 km nel Parco del Gran Paradiso,a Ceresole Reale.

Era l’anno in cui la Nazionale di Ultra Trail era appena ritornata dai Mondiali in Connemara in Irlanda, e alcuni selezionati avevano deciso di correre ancora un po’ insieme.

 

 

 

43 rafafella miravalle copiaC’erano Cavallo, Fornoni e Zanchi che si erano dati battaglia tra di loro e con lo specialista delle sky races Maurizio Fenaroli.  

Io per dei contrattempi mi ero perso l’arrivo dei primissimi, e stavo ricostruendo l’ordine d’arrivo guardandomi intorno e parlando con i pochigià arrivati.

Vidi a lato del traguardo un ragazzo giovanissimo che stava consumando una zuppa al tavolo, con evidenza il buono pasto della gara, osservato a qualche metro di distanza da due adulti, presumibilmente i due genitori.

 

 

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Mi sembrava un pò strano e gli chiesi dubitativo ...’ ma tu hai fatto la gara?’ E lui, guardandomi negli occhi, tranquillo e leggero sorriso spavaldo certo... sono arrivato sesto’.

Per me i campioni sono come dei semidei, in particolare rendere gratificazione ad un giovanissimo, fu una tentazione irresistibile,

e allora gli chiesi sorridendo.. ’ma... CHI sei ? '

'Mi chiamo Vottero ' rispose.  Immediatamente qualcosa mi fu chiaro, mi ricordavo il cognome, avevo letto di lui, ed ero proprio felice di averlo incontrato.

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L’anno prima, a Ottobre, si era reso protagonista di una delle sue imprese più belle.

Si correva la prima edizione del Morenic Trail, 110 km sull’Anfiteatro Morenico di Ivrea.

L'avevo corso anch'io, e le cose che sapevo me le avevano raccontate e le avevo lette.

La gara individuale era stata vinta da Giuliano Cavallo, che però non era stato il primo ad arrivare al traguardo.

Un tempo migliore era stato realizzato dai componenti della formula a staffetta in 4 frazioni, dove aveva vinto un team formidabile composto da Daniele Vottero Reis, Roberto Giacchetto ed Erik Benedetto.

 

Questo tempo è tuttora il record della formula a staffetta e ricordavo che la gara era stata molto spettacolare con Giachetto che in quel periodo volava, che nella terza frazione aveva rimontato un gap di 5 minuti e aveva lanciato Benedetto per la vittoriosa frazione finale.

Però quello che mi aveva colpito era stato il fatto che erano solo in tre, con Daniele Vottero che si era sobbarcato la prima e la seconda frazione, circa 55 km.

 Che giornata interminabile e indimenticabile quella volta!

Non lo conoscevo ma per me era già un grande.

 

Dopo la Royal, nonostante io fossi abbastanza presente in giro, non lo incontrai più.

 

 

 

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Ci rivedemmo un anno dopo al KIMA, in Valtellina, la Sky Marathon più bella e dura al mondo, quella dei cancelli strettissimi e con la partecipazione dei più forti al mondo.

Il Kima, è una gara biennale, gemellata e alternantesi con la Royal, diventata anch’essa biennale.

Quell’anno il Kima era tappa italiana delle World Series di Sky Marathon con la partecipazione di grandissimi campioni come Kilian Jornet, Andy Simonds, Tom Owens, Philip Reiter, Michel Lanne, e ovviamente il top della tradizione lombarda e trentina dello sky running.

Un contesto stellare, nel quale uno sparuto gruppetto piemontese, a rappresentare la Royal era guidato da Raffaella Miravalle, Mauro Saroglia, e dall’organizzatore Stefano Roletti.

C’era anche Daniele Vottero, sempre troppo giovane e un po’ riservato, evidentemente rispuntato per mettersi alla prova nella gara più dura.

 

804052014164040 lourousa copiaGli dissi ‘ecco che spunti fuori di nuovo, ma come mai non ti si vede più spesso? ’

Mi rispose sorridendo con la consueta leggera spavalderia ‘faccio solo le gare che mi interessano, che mi appassionano’.

L’ordine d’Arrivo fu una parata di stelle. Cinque gli italiani nei primi quindici: Sancassani, Butti, Garnier, Beccari e Berlinghieri, tutti affermati campioni.

Non riesco ancora a capacitarmi di come Daniele, perfetto outsider, abbia potuto ottenere un incredibile sedicesimo posto, con il tempo eccezionale di 7:43:02, lui che non risultava in nessuna classifica precedente, e in quel periodo non gareggiava proprio.

Mi feci l’idea di un giovane con delle potenzialità eccezionali, uno che forse non amava il gruppo e la routine, l’agenda delle gare, uno che non si era ancora interamente dedicato alle gare podistiche, ma che si poteva permettere sfide e risultati di alto livello.

L’ultima volta l’avevo visto alla Royal 2013.

Ormai tra noi la battuta era scontata: c'è una gara super ed eccoti di nuovo presente.

Anche qui un risultato bellissimo, un sesto posto, ottenuto a freddo, in un contesto di partecipanti di alto livello.

Nel dopo gara parlavo più volentieri con lui che con i primi arrivati, per me il campione era lui.

 

 

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Mi raccontava di come fosse stato in testa fino al secondo colle, la Bocchetta del Ges, e poi avesse dovuto rallentare sentendo la mancanza di allenamento.

Ci mettemmo a parlare di possibili varianti al percorso, la avrebbe voluta ancora più dura.

Era un eccellente conoscitore di mappe e percorsi.

Eravamo sul prato antistante il rifugio Mila a Ceresole Reale, il papà poco lontano, gli chiedevo le solite cose, tipo 'ma se non gareggi... come ti alleni... cosa fai per essere così forte?

Fu allora che mi disse... ’ sono allenato perché vado molto in montagna, scialpinismo, ascensioni, scalate, roccia ... anche di grado elevato'.

 

 

argentera1 copiaIn quel momento un’ombra nei miei pensieri venne a turbare la felicità del momento.

Per me non era una buona notizia. In un istante credevo di aver intuito quella che probabilmente la sua situazione psicologica.

La giovane età, il desiderio di mettersi alla prova ben oltre la routine delle gare podistiche, cercare se stesso in realizzazioni di valore ancora più alto, il desiderio del riconoscimento.

Era tutto normale, un passaggio della vita, un periodo di ricerca che può esaurirsi presto, di fronte alle prime responsabilità del lavoro, della famiglia, della maturità.

Però anche un momento pericoloso, se l’entusiasmo e l’energia si volgono prevalentemente verso le sfide della montagna.

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Morivo dal desiderio di chiedergli: che vie hai fatto? Cosa hai in programma? Preferisci le vie classiche o quelle moderne? Sei stato sul Bianco? Saremmo stati a parlare per ore.

Non lo feci. Non volevo dargli gratificazione, non volevo aggiungere ulteriore entusiasmo .

Feci invece una smorfia dubitativa con la bocca, e con sobrietà gli dissi che anch’io avevo arrampicato, capivo l'entusiasmo, ma di stare molto attento, perché il pericolo oggettivo nelle scalate è molto alto,

Gli dissi anche infine che anche queste passioni, che sembrano assolute, sono cose che passano.

Quando ho appreso dalla televisione che era perito sull’Argentera, travolto da una cornice di neve e precipitato con un compagno, mentre risaliva il Canalone di Larousa, ho provato un dolore fortissimo, come se avessi già vissuto il fatto, come se si avverasse una fatalità già prevista.

Ancora due giovani vite sul Canalone di Larousa !

Il Canalone di Larousa è un itinerario alpinistico classico, apparentemente di media difficoltà, frequentato.

 

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Però, chi ha qualche anno in più, sa che periodicamente vi succedono delle disgrazie, può diventare fatale in modo imprevedibile.

I giovani, gli autodidatti non lo sanno, ed è per questo che gli incidenti si ripropongono, magari a distanza di dieci e più anni.

 

 

E, sia detto per inciso, vi sono tanti altri luoghi così, dove statisticamente succedono più incidenti che in altri;

se qualcuno si applicasse a far emergere quali sono, statisticamente, i luoghi più pericolosi dell’alpinismo, sicuramente qualche vita sarebbe salvata.

 

 

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Daniele era giovane, amava lo sport e le sue sfide, come tanti di noi.

In montagna era alla ricerca di se stesso, della propria strada.

Probabilmente sarebbe stata una  una situazione transitoria.

Però la montagna può essere severa e crudele, chiede tributi, ed è imponderabile capire a chi toccherà pagare per tutti.

Daniele ha avuto una immensa sfortuna.

Ciao Daniele, ciao n° 20 al Kima, ciao prima fila della Ivrea-Mombarone, ti ricorderemo sempre.

 

Grazie per le tue belle imprese e per i momenti passati con te.

 

 

 

UNA TESTIMONIANZA DI

CLAUDIO GARNIER

 

 

'Quest'anno non ho potuto fare il Kima, ma ci tornerò, perché il Kima, e così anche l'accoppiata con Royal Ultra Sky Marathon, le ho corse con un amico che purtroppo non c'è più, e penso che quando andrò a corrrere quelle gare correrò anche un po' per lui.'

 

A quando risaliva la vostra amicizia?

 

Era un amico rivale, e sono le amicizie più belle.

Quando trovi un rivale che diventa amico sul campo di gara, tu dai una mano a me, io do una mano a te, in discesa stiamo insieme, in salita anche, io ti passo la borraccia, tu hai ancora qualcosa.

 

51Che gara era?

 

Tutte le gare che abbiamo fatto assieme. Ci siamo conosciuti quando lui mi ha portato letteralmente al traguardo nella Pontboset Sky Race, in valle di Champorcher.

 Eravamo in testa ma io avevo grosse difficoltà, ero caduto, mi ero fatto male ad una gamba e lui, pur se ero il suo avversario diretto per la vittoria, mi ha tirato fino al traguardo.

 La Royal del 2013 la abbiamo corsa assieme per più di metà gara, ed eravamo davanti, e ci parlavamo parecchio, però ad un certo punto si fece da parte dicendo, vai pure, io devo rallentare, quel giorno non era al massimo.

Era una gran bella compagnia in gara ed era molto simpatico.

Un gran bravo ragazzo.

Quando ho saputo della sua scomparsa sono stato sotto shock due giorni e diverse volte ho pianto. 

 

Speriamo che da lassù lui ci accompagni ancora il più possibile e che noi riusciamo con le nostre gare a tenere alto il suo ricordo.