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MAURO SAROGLIA / TOP FINISHER AL TOR DES GEANTS / MARZO 2014
Scritto da Vittorio Duregon   
Martedì 18 Marzo 2014 00:07

 

 

TOP FINISHER AL TOR

 

I MIEI QUATTRO TOR DES GEANTS

 

DI

MAURO SAROGLIA

 

 

Quattro Tor

Il primo Tor è stato come buttarsi in un inferno, in un mondo sconosciuto. Nessuno di quelli che erano lì aveva provato una gara in linea con un tale dislivello e una tale distanza. Era un brancolare nel buio. Nel mio caso però posso affermare che per me, più che una sorpresa, fu la scoperta delle mie potenzialità, e quindi la scoperta di una possibile fonte di gioia.

col entrelor 7.8

 

Ero riuscito ad arrivare con Cesare Clap, che ancora non conoscevo,

e scoprii solo allora di che livello fosse come atleta, oltre che un possibile grande amico.

Fu una gioia e una grande soddisfazione. Pensavo di aver fatto una cosa che era andata come volevo e come speravo, nonostante che non tutto fosse andato liscio e avessi dovuto affrontare imprevisti e difficoltà.

Al secondo Tor avevo una voglia e una motivazione pazzesca.

Volevo andare a cercare una conferma. C'era anche molta titubanza, perché ora avevo coscienza di cosa andavo a fare. Passavo dalla spregiudicatezza alla consapevolezza. Tra l'altro non era la mia seconda volta, ma la quarta, perché io avevo già fatto due prove del Tor , tutto da solo, giorno e notte, più la prima edizione in gara, e sapevo esattamente in cosa andavo a mettermi.

 

 

img 0358In realtà, più che una conferma, volevo chiarirmi che non era stato tutto uno scherzo, una fantasia,e, condizionato da questo, avevo adottato una strategia di gara non sufficientemente aggressiva.

Meno male che ad un certo punto ho trovato Beppe Grange che mi ha dato uno sprone nel finale, e con lui, andai a prendere un bel ottavo posto. Ci siamo aiutati tantissimo.

Al Champillon lui era stanco e scelse di fermarsi e dormire un po’, e io l'ho aspettato mezz’ora. Peccato perché proprio quella mezz'ora ce la ritrovammo all'Arrivo come gap sul concorrente precedente.

Avevamo perso una posizione. Però andò bene così, avevo comunque tolto due ore dal tempo del primo anno.

Il terzo anno non c'era spavalderia, però c'era un po’ più di autostima, di convinzione.

Il primo anno era stata quasi una sorpresa, anche se sapevo che avevo delle potenzialità nel lungo,in particolare la sofferenza.

Il secondo anno avevo avuto la sorpresa di confermare questa fortuna e potenzialità. Il terzo anno sono voluto andare a prendermele.

Ha funzionato tutto dall'inizio alla fine e il fatto che mi avessero fermato ha avuto probabilmente un beneficio , anche se ero comunque molto carico e queste fermate mi avevano innervosito non poco.

Quindi il terzo anno è stato quello in cui me lo sono proprio meritato.

Me lo sono proprio andato a prendere questo tempo, senza riferirmi alla posizione.

Nel quarto anno ho fatto il mio secondo tempo tra i miei Tor. Un anno buono, ma solo come tempi. Sono arrivato al Tor non convintissimo, con qualche problematica personale e fisica, un livello psicofisico non adeguato, ho avuto problemi sul sonno.

Tutto questo ha fatto sì che la posizione fosse più indietro, ma il tempo è risultato ottimo. Non dimentichiamoci inoltre che erano arrivati personaggi di livello mondiale, oltre a qualcuno che ha fatto il risultato della vita, come potrebbe averlo fatto uno come me.

 

 

Condividere la sofferenza

nic 6812 copia

 

Della prima edizione ricordo che emerse, da un certo punto in avanti, soprattutto una difficoltà riguardo all'alimentazione. Avevo gravi problemi gastrici,uno stato che si è manifestato molto forte al Rifugio dell'Epée.

Quando si sta male, viene fuori la voglia di stringersi, unirsi e soffrire insieme. In quel contesto, in quel rifugio, quasi appena partiti, c’era una forte voglia di uscire dallo stato di difficoltà, e scoprire che, in fondo, hai ancora molta forza e motivazione per andare avanti.

Lì avevo trovato Marco Berni che era in crisi almeno quanto me, e c'era anche Cesare Clap,anche lui che non stava bene.

Io sono stato lì più di tre ore,e sono poi ripartito con Marco Berni. Cesare Clap ripartì addirittura dopo di me. Dico questo perché sappiamo come poi è andata a finire; facemmo un gran finale insieme.

Nel ricordo tendo ora a considerare questo un momento molto intenso, un passaggio chiave.

 

Aiuto a chi è in difficoltà

Un altro genere di ricordo è quello legato all’aiuto alle persone in difficoltà. Scendendo dal Colle Pinter, dopo il Rifugio Alpenzù, ricordo che c'è un canalone molto stretto, con una costa sulla sinistra abbastanza evidente, dietro la quale c'è un altro avvallamento,una zona completamente fuori percorso. Io scendevo, era buio, e ad un certo punto ho visto un fascio di luce che si spostava e mi rendevo conto che c'era qualcosa che non corrispondeva, poi avevo sentito anche dei fischi. Era una persona che senza accorgersene aveva attraversato quella costa ed era andata fuori percorso.

 

 

185277 429603900410296 514139627 n1 copiaA quel punto io ho allungato il mio e sono andato a prenderlo. Lui era felice perché non sapeva più come ritrovarsi, e con lui siamo arrivati fino alla zona del Crest.

Aggiungo poi che in questo episodio c’è stato anche da ridere, perché sulle mappe del percorso c'era scritto Vieux Crest, era di lì che passa l'Alta Via.

Però io,nel primo anno durante la prova del percorso,ero passato dal Crest.

Io stavo confondendo questo Vieux Crest con Crest . Con questo ragazzo cercavamo in lungo e in largo dove fosse il ristoro. Telefonai alla organizzazione, e parlammo facendo una confusione incredibile, e ci fecero tornare indietro. Avevamo perso 50 minuti ! Siamo ridiscesi e abbiamo trovato poi altri che ci avevano superato e li abbiamo ripresi.

 

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Entrando nel Rifugio del Vieux Crest , chi trovo? Cesare Clap, che se ne stava uscendo.

Lì ci eravamo ritrovati e, come noto, da qui in poi facemmo parecchia strada insieme.

Ricordo con emozione i molti molti km fatti con Cesare Clap e Franco Aglì.

Quando siamo ripartiti da Closet, Cesare ha iniziato ad un ritmo fortissimo. A Franco Aglì si era infiammato il tendine, non ce l'aveva fatta a stare con noi e aveva dovuto tornare indietro.

Questa parte del percorso, fatta con Cesare a ritmi forsennati, mi ha proprio preso l'anima. Non pensavo proprio di riuscire a stargli appresso e invece andò tuto bene fino alla fine e arrivammo insieme..

 

 

Un arrivo con Cesare Clap

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Emozionante è stata poi l'ultima parte del percorso,dove abbiamo superato, ancora prima del rifugio Bonatti, Alexandre Forestieri.

Siamo passati al Bertone insieme,io e Cesare, però questo ragazzo intanto si era ripreso, mentre Cesare aveva un po’ rallentato.

Allora io, che ero arrivato al rifugio alcuni minuti prima e vedevo che Forestieri stava rientrando, ho urlato ‘Cesare muoviti! così non ci supera più” , ci stavamo giocando il sesto e il settimo posto.

Cesare se ne rese conto e gridò 'Noo' e ripartì come una furia. Forestieri non ci ha più preso e siamo arrivati al fondo per mano. Una grandissima emozione.

Quando ci hanno fatto firmare il cartello dei finisher Cesare scrisse "1° VALDOSTANO", sapeva che era un gesto polemico, però nella parte finale erano successe delle cose non proprio belle per una prima edizione.

Sorpassi inspiegabili, per intenderci.. Ci fu un momento di panico in tutta l'equipe lì presente dell'Organizzazione, perché lui si espresse in modo piuttosto chiaro su come erano andate le cose.

E come non dargli ragione!

Questa cosa ripresa dai media fece un grande scalpore nella Vallée. Per qualche giorno sembrava di essere tornati alle polemiche di Bonatti sul K2.

Perduto.. nei dintorni del Rifugio Frassati

 

 

discesa verso cogne

 

Mi è capitato anche di perdermi, per modo di dire.

Era il Tor del 2012. Fu nella salita da St. Remy en Bosses al Col Malatrà..

Io sono arrivato a St Remy e ci sono stato poco più di due minuti. Mi sono messo qualcosa di più addosso perché aveva iniziato a piovere, sono andato via con due bicchieri di caffè in mano e ho iniziato la salita al Col Malatrà.

 

 

Sono andato su come se corressi contro il cronometro, perché sapevo che avevo guadagnato sul quinto arrivato, che gli stavo recuperando le ore che lui aveva di vantaggio, potevo recuperarle tutte, per cui correvo a più non posso per prenderlo, anche se sapevo che lui era già arrivato.

 

 

tdg2012-mauro saroglia arrivo foto enrico romanzi-1522

 

Io facevo il computo delle ore che mi avevano fermato a Valtournanche per la frana che c'era stata e facevo il conto di quante ore gli avevo guadagnato in corsa e mi ero accorto che lo stavo andando a prendere.

Dato che i giudici cronometristi mi avrebbero tolto dal tempo totale la pausa obbligata , io gli ero già molto vicino, almeno di un'ora soltanto, e nell'arco delle quattro ore che mancavano a Courmayeur avrei potuto andare a guadagnargliela, se mantenevo quel ritmo. D'altronde, stavo benissimo.

La pioggia si era trasformata in neve e c'era un paesaggio fantastico.

Ma questo solo fino alle baite Merdeux alte, dove c'era il posto di ristoro nei primi due anni. Da queste baite in poi,è iniziata una bufera di neve incredibile, che ho visto raramente in trent'anni di montagna.

Un vento che mi buttava per terra, e il problema era che non c'erano più le balise, il vento se le era portate via, o le mucche se le erano mangiate. Nevicava e non si vedeva più niente. Il pezzo che separa le baite Merdeux alte fino al rifugio Frassati, che in allenamento si fa in 25 minuti, io ci ho messo il doppio del tempo. Ma mi andò bene, perché c'era ancora una parvenza di traccia da seguire. D'estate avevo provato il percorso con Enrico Titolo, ma non mi ritrovavo, ho chiamato l'Organizzazione , ‘non so dove sono, ma sono in zona Frassati, se non arrivo a breve cercatemi qui’.

Sono stato fortunato..guardando a destra dietro una dorsale con calma di vento ho visto due bandierine e da li sono arrivato al Frassati.

Lì c'era gente fuori che batteva con pentole e mestoli e urlava per cercarmi.

 

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Sono arrivato come un naufrago,ho suggerito di fermare la gara perché in quelle condizioni giudicavo impossibile arrivarci, al Rifugio.

Erano le 3 e 25 di notte, e alle tre e mezza hanno fermato la gara.

Quindi io ero sesto, in quella posizione, il gruppo con Canepa, Beretta, gli spagnoli ed altri, era nelle baite sotto ad un'ora circa da me.

Stop fin alle nove del mattino. Però..alle 5.30 se ne è arrivato prima un francese..a gara ferma, e mi sono chiesto..questo da dove arriva?

Poi ne sono arrivati altri..strano!. Poi alle 9.. pronti via!

Una vita,un sogno, in 2 ore e 45'

Siccome le persone che mi aspettavano all'Arrivo mi avevano detto che non si sapevano bene le posizioni, non mi davano per sesto ma per decimo, io ero un po’' contrariato,e, visto che ero molto carico, ho mollato tutto il gruppo e me ne sono andato da solo verso il Malatrà.

 

Io sono passato che c'era neve e ghiaccio, e mi è dispiaciuto che non c'era nessuno, né corde né niente, non foss'altro per una ragione di sicurezza.

Non avevo i ramponcini, avevo le Oka, che pensavo di cambiare in momenti particolarmente tecnici, e invece le avevo tenute,facendo delle cose incredibili per stare in piedi.

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Ero da solo, però la cosa non mi ha disturbato,e ho delle bellissime immagini che ha girato la Rai. Poi sono arrivate le guide che hanno messo delle corde e gli altri hanno seguito. Però a me non ha dato fastidio, in quel momento stavo raggiungendo ..un sogno.

Mi sono fatto il finale tutto da solo e ci ho messo due ore e 45 dal Frassati all'Arrivo. Dal Frassati ero salito al Malatrà e sceso al Bonatti, poi ero passato in un'ora e 2 minuti dal Bonatti al Bertone, e in 23 minuti dal Bertone a Courmayeur. Arrivai che erano le 11.15 .

Questo è un episodio per me importante perché quel tempo lì non so in quanti l'hanno fatto.

La notte successiva avevano fermato ancora la gara. Era notte e avevano stoppato tutto dopo il passaggio del 72° concorrente. Le placche di ghiaccio sul Malatrà non erano più in sicurezza, e il tempo era peggiorato di nuovo.

Avevo vissuto una forte situazione da inseguitore. E' meglio essere gatto che topo, chi viene inseguito non ha i riferimenti di quello che segue, scappando chi è davanti può esagerare, chi è dietro si può dosare, in quel momento ero il gatto.

Ho rischiato molto, soprattutto nella ultima parte di gara, sono sceso dal Bertone urlando agli escursionisti per chiedere strada, stavo inseguendo un sogno, quello del podio dei primi cinque assoluti.

Quinto,e sul podio. Anzi no,sesto, e fuori podio.

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Ero sicuro di prendere il quinto posto, avevo sommato le ore di fermata a Valtournanche, più le ore fermo al Frassati, avevo ipotizzato un tempo totale lordo a Courmayeur e quando sono arrivato sapevo benissimo che avevo il quinto tempo.

In pochi minuti avevo calcolato meglio e avevo 8 minuti di vantaggio sul quinto. E invece mi sono trovato sesto. E' l'unica classifica al mondo dove il quinto tempo diventa una sesta posizione.

Questo episodio mi ha fatto parecchio male. Averlo in mano e vederselo svanire per una scelta, una interpretazione, questo non mi è andato giù..

 

 

 

Il Tor, un evento... popolare

 

 

100 4366 copiaUn aspetto che mi ha colpito, nel 2013 specialmente, è come si è trasformato l'interesse generale per questa manifestazione.

Nel primo anno c'era certamente parecchia gente coinvolta, i paesini e le pro loco erano mobilitati, però tutto il resto era un po’ deserto. Era difficile trovare dei punti dove ci fosse gente, a parte i posti tappa e basi vita.

Invece nel 2012 e 2013 ho visto molta più gente, anche in parti più selvagge del percorso, dove evidentementela gente era venuta a cercare le espressioni tecniche degli atleti, qualche pietraia, qualche colle, qualche salita molto dura.

Nel 2013 per quanto mi riguarda ho anche trovato un calore nuovo nei miei confronti. In alcuni posti mi conoscevano e mi ha fatto emozionare arrivare a Donnaz con Giuliana Arrigoni e sentire scandito il mio nome ed essere acclamato quando ripartivo. E’ stata una emozione molto particolare.

 

Le difficoltà tecniche

In generale al Tor non ci sono passaggi difficili e impegnativi, situazioni

con corde e fittoni tipo ferrata, per intenderci.

Una zona molto particolare, che viene sottovalutata è la discesa dall'Haut Pas ( dal Rifugio Deffeys si sale all'Haut Pas, cui segue il Col de la Crosatie e di lì si scende a Valgrisanche), quella è una zona morenica molto difficile. Di giorno ci sono i segnali molto evidenti, io la avevo provata arrivando di notte durante la PTL, meno male che avevo trovato due svizzeri con il Gps, altrimenti mi sarei perso.Non è tecnicamente difficile, ma la traccia è su sfasciumi e pietraia, se bagnata è scivolosa.

dopo arrivo io e beppe copiaNel culmine finale della salita al Crosatie ci sono delle corde fisse e bisogna fare attenzione perché ci sono dei salti di roccia, e anche sul sentiero ci sono pietre aguzze, lame, bisogna fare molta attenzione.

Anche la discesa verso la Valgrisanche non è da sottovalutare,verso il Lac du fond, lì dove c'è stata la morte nel 2013 di quel ragazzo cinese.

Nessuna difficoltà al Colle della Fenetre, se non che la discesa è molto ripida non su pietra ma su fango, ci si può scivolare facilmente e la zona è veramente ripida.

Niente di difficile sull'Entrelor e il Lauson. Nella discesa verso il Sella ci sono delle zone a precipizio..bisogna considerare che uno è stanco, sono già cento km di gara,e quindi bisogna fare attenzione.

Il Malatrà infine è sempre insidioso. L'ultima discesa quella dal Rifugio Bertone sarà banale, ma la trovo comunque impegnativa, perché c'è un sentiero di sfasciumi, pietroni, niente di particolare, ma sei nella parte finale, è facile distrarsi, e la concentrazione deve essere ancora sempre elevata.

In corsa si pensa si naviga si parla da soli, però bisogna stare sempre concentrati.

 

Nuovi amici

 

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Mi sono fatto molti nuovi amici, ma soprattutto ho avuto la conferma di molti che già conoscevo, persone fantastiche.

Un nuovo amico è stato certamente Cesare Clap, con il quale mi sento costantemente e alcuni altri con i quali ci si cerca e si concordano pezzi di Tor insieme. Chi prende il pullmann, chi il treno,si usano i mezzi pubblici per evitare di tornare a prendere le auto.

Persone che non si vede l'ora di re incontrare alle gare successive.

 

Le donne al Tor

Ho sempre avuto un rispetto per le donne del Tor.

La donna che ha il coraggio di fare questa esperienza per me ha un valore aggiunto.

Inoltre mi colpisce sempre come una donna è più curata di un uomo, anche se si trova alla partenza del Tor. Questo aspetto di femminilità

mi entusiasma, la ricerca dei colori, qualche vezzo.

Noi uomini siamo tutti un po’ sbaldraccati. Per carità, è tutto bello al Tor, però la donna è anche attenta a questi particolari. Almeno fino ad un certo punto. Poi nei borsoni succede di tutto e non ci si può più permettere di stare su questi dettagli.

Francesca Canepa è indubbio che sia un gran personaggio e di un livello tecnico enorme.

 

 

 

 

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Sono molto amico con Patrizia Pensa e Giuliana Arrigoni, ci siamo conosciuti negli anni nei trail, in molte gare ci siamo fatti compagnia, l’anno scorso siamo stati insieme a lungo, ci siamo spronati e divertiti.

Poi ce ne sono altre di cui non ci si ricorda il nome ma sono relazioni ricorrenti, magari mogli e amiche di compagni, viste alle partenze e agli arrivi.

 

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Il Tor, un libro giallo

Dopo quattro partecipazioni penso che fare il Tor, interpretarlo, sia come leggere un libro di avventure e un giallo allo stesso tempo.

 

017 copiaOgni anno si compra una edizione nuova, lo si inizia a leggere immaginando com'è la storia, ma in effetti quello che si scopre, scorrendo le pagine, è assolutamente diverso anche se l'ambientazione è la stessa.

Ogni anno, proprio per la tipologia di gara, l'evoluzione delle difficoltà,dei momenti, delle sensazioni, delle emozioni, è diversa.

Scorrendo ogni pagina, percorrendo ogni segmento del Percorso,c'è il rischio di trovarsi di fronte a qualche sorpresa e a qualche evento nuovo.

E questa è una cosa che trovo molto bella.E' anche, e soprattutto, una cosa stimolante, per chi, come me, nel trail cerca emozioni nuove, date dall'ambiente e dalle difficoltà.

Se la situazione è invece sempre la stessa, diventa una abitudine , una conoscenza, solo un po' più approfondita, di quello che c'è già.

Invece il fatto proprio di avere una quantità così vasta delle difficoltà, che ti si potrebbebro proporre,è questo che ti permette di inventare sempre qualcosa di nuovo e quindi il finale del libro non è mai lo stesso.

 

Il Tor 2013

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Anche il mio quarto Tor, il 2013, è stato assolutamente avvincente ed emozionante,sofferto come ogni anno.

Per quanto mi riguarda ero partito con molto timore. Timore che non era dovuto solo alla presenza di personaggi di altissimo livello tecnico. Questo razionalmente non avrebbe dovuto farmi così paura. Io non ho mai partecipato pensando di essere un campione, e non lo sono.Ho sempre partecipato per mettere in gioco me stesso, le mie capacità.

Questo specialmente nel Tor, che è una gara che mi si addice.Questo perché la gestione delle difficoltà è dislocata in un tempo molto lungo, questa è una sofferenza che mi piace di più.

Questa cosa comunque dei numerosi titolati mi aveva psicologicamente un po’ inibito.

 

Avevo anche, ed invece, delle reali problematiche fisiche, che mi preoccupavano: la gestione di un mal di schiena importante, una protrusione discale che mi ha portato ad una postura difficile. Inoltre avevo prima e in gara una contrattura a tutte e due le cosce, che non mi ha faceva spingere in salita,mentre in discesa dovevo controllarmi.

Il sonno..un problema inaspettato

070 copiaPerò, per dirla breve, il grosso dei problemi di quest'anno è stato il sonno. Quest'anno ho avuto una problematica pazzesca relativamente al riposo.

Negli anni scorsi non mi si era proposta in modo così pesante, anzi mi rendevo conto che dovevo decidere di dormire perché paradossalmente mi sentivo bene e tendevo a continuare ad oltranza. Dovevo proprio decidere di di fermarmi e questa tattica,dopo il primo anno e il secondo si stava attuando bene. Decidevo semplicemente dove fermarmi per non trovarmi di fronte a delle sorprese nel proseguo della gara.

Questo problema del sonno invece quest'anno mi si è proposto dopo il rifugio Coda, dopo che, per altro, avevo riposato a Donnaz una cinquantina di minuti. Questa cosa è diventata preoccupante e non mi ha più lasciato vivere.

 

 

100 4746 copiaPerciò ho dovuto spesso e volentieri fermarmi, su brande,sul sentiero,come capitava, in posti dove proprio negli anni prima passavo liscio e non mi fermavo.

Sarà stata dovuta ad una stanchezza mia di fondo, non sarò arrivato con quella freschezza, proprio fisica, degli anni scorsi.

Comunque ho sbagliato a non decidere di dormire di più in un posto, ma a fare dei micro sonni di cinque e anche venti minuti. Forse,se avessi scelto di dire ok, ho sonno e dormo, sul percorso o nella baita o dove capitava, sarei stato meglio.

E' questo un consiglio che posso dare,e cioè, se sei veramente stanco, merita fermarsi. Invece di fare i venti minuti,la mezz'ora, fai pure un'ora, una ora e mezza fatta bene, e ciò ti consentirà di evitare successivamente molti altri micro sonni di quel tipo, insomma...un investimento.

 

 

056 copiaConcretamente cosa succedeva? Cominci a sbandare, una cosa che bisogna provarla, nel senso che in effetti non ti si chiudono gli occhi, ma, senza accorgetene, cominci ad andare a destra e sinistra e ti prende un senso di spossatezza pazzesco, con difficoltà proprio nei movimenti .

E secondo me era giusto il fare quello che facevo, cioè non proseguire e fermarmi, anche per evitare qualche incidente.

Riuscivo a svegliarmi dopo pochi minuti. Probabilmente il corpo non sprofondava in uno stato di sonno profondo ma si metteva solo in una situazione di rilassamento. Bastava che sopraggiungesse un altro concorrente, un rumore. Mi tenevo tra l'altro in una posizione non troppo comoda, magari con una mano sotto la faccia, qualcosa che mi tenesse sempre semi sveglio.

 

141Però questo non era sufficiente a risolvere il problema,anche se lo sembrava. Dopo mezz'ora, un'ora, di nuovo ero in difficoltà e questo è stato quello che mi ha più penalizzato.

 

Difatti, ho fatto un calcolo, quest'anno ho dormito circa undici-dodici ore e sicuramente nel mio tempo dobbiamo togliere queste sei sette ore in più che non erano nel budget che mi ero impostato.

 

Ero partito per fare due ore e mezza totali di sonno. Forse non ce l'avrei fatta, tre si; ma la mia media , i miei tempi di sonno erano di circa cinque ore, sei scarse. Nel 2013 ne ho fate probabilmente il doppio. Questo è stato determinante nel tempo finale, perché di per sé, come prestazione in gara, sono stato assolutamente giusto, nei tempi normali.

 

 

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Ho fatto 99 ore e 15 il primo anno, 97 ore scarse il secondo e 95 e 37 nel 2013, lasciamo perdere il 2012 quando avevo fatto meglio ancora.

Fossi riuscito ad evitare quelle ore probabilmente avrei tolto quelle 6-7 ore e sarei stato sulle 89 ore , il che mi avrebbe permesso di stare un po’ più su in classifica.

Certo che si erano inseriti nell'alta classifica dei nomi importantissimi, almeno sette - otto top runners di livello mondiale. Confermarmi come negli anni precedenti sarebbe stata una cosa fantastica.

Quest'anno all'Arrivo , parlando un po’ con i tecnici dell'organizzazione si diceva che una posizione tra il nono e il tredicesimo posto avrebbe potuto anche starci, vedendo lo sviluppo dei tempi.

 

 

 

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La ragione principale direi che non è quella della schiena e gambe, che dopo un po’ non mi hanno dato fastidio più di tanto, ma è stata proprio la gestione del sonno.

La soddisfazione di arrivare in fondo è sempre enorme. E devo dire che l'aspetto umano e fisico non è dei migliori, quando si arriva,a parte qualcuno che prende la gara più alla leggera. Però dentro sono sempre stato molto tranquillo, sereno, molto rilassato.

Dopo essere arrivato nei primi dieci nelle edizioni passate, mi sarebbe spiaciuto finire al 50° posto. E sono arrivato sereno, primo perché non ero al 50° posto, poi perché ero comunque soddisfatto.

 

 

Ero stato in grado di gestire sia questa difficoltà fisica di schiena e gambe, per quello che era, sia anche questa cosa del sonno. Per me è stata una grande soddisfazione anche mettermi in gioco in un gioco così impegnativo.

Da Donnaz in poi, soli con se stessi

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Al Tor, un aspetto che mi piace molto è che in questa corsa uno impara a conoscersi. Credo che l'80 % del percorso lo si faccia da soli, questa è una corsa che ti permette di stare molto con te sesso, e questa è una cosa che a me piace molto.

Mai mi conosco come quando faccio queste gare e vado un po’ a scoprire dei lati di meparticolari. Aspetti che vengono fuori nei momenti di difficoltà: capacità di reagire, di ragionare, di essere concentrati.

Ecco il fatto di essere da soli permette anche di conoscerci meglio,oltreché ovviamente in generale di emozionarci e divertirci .

Immagino allora che la seconda parte sia diversa dalla prima proprio su questo aspetto della solitudine, della fatica, della prova e della chiarezza con se stessi.

Si, è proprio così, viene fuori la maturità. E’ chiaro che a uno come Iker Carrera, un grosso campione con delle capacità psicofisiche straordinarie, questo discorso non lo riguarda, lui esprime una forza terrificante.

E non solo lui, anche altri. Ci sarà anche per lui questo aspetto, non sarà certo un robot, però sicuramente nella seconda parte vengono fuori questi aspetti della personalità dei concorrenti, questa necessità di essere forti psicologicamente.

Dici da Donnaz in poi..

Si, da Donnaz in poi. La prima parte del Tor, a parte la tappa dopo Cogne, che è in discesa e un po’ rilassante,le prime due tappe dicevo sono estremamente tecniche,perché sono le prime e anche ci sono delle salite molto difficili, specialmente nel secondo settore,quello della Fenetre, una salita molto dura, e la discesa lo è ancora di più.

 

31 copiaE poi ci sono i due colli, l'Entrelor e il Lauson, colli che lasciano il segno, di 1300 m e 1700 di dislivello. Non sono cosa da poco, tra l'altro vengono fatti entrambi di notte, perlomeno quelli delle mie posizioni, e quindi questo aspetto tecnico viene ulteriormente incrementato.

In aggiunta può piovere, come è avvenuto, e non solo nell'ultimo Tor.

Ecco dunque che in questa fase, bisogna riuscire veramente a cominciare a darsi una gestione della propria capacità, della propria fatica. Guai ad esagerare, bisogna gestirsi per come ci si conosce.

La seconda parte mi piace molto di più, ci sono meno difficoltà, sono più sporadiche, e poi ripeto, il fatto di gestirsi senza pensarci troppo se vedi due davanti o se qualcuno ti arriva da dietro, mi piace di più.

Il gruppo è totalmente sfilacciato e ti trovi da solo con te stesso ,a far salite e discese in valli e valloni, in mezzo alle mucche, e a tanta gente.

Gusti miei ovviamente...

Come sono distribuiti i i ritiri tra prima e seconda parte ?

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C’è una prima parte dove avvengono molti ritiri. Sono quelli di chi non sa a cosa va incontro; di chi,dopo le prime avvisaglie terribili,dalla Croiseté fino ad arrivare a Cogne, non si è reso conto in quale guaio si è andato a cacciare.

Lì viene fuori la sua cifra tecnica, nel senso di capacità e predisposizione a fare una cosa del genere. Poi c'è anche quello che esagera, sempre di questa categoria, e si allunga fino a Donnaz, dove prenderà il colpo di grazia.

E poi ci sono anche le problematiche personali : chi si è fatto del male qua e là, oppure accusa un calo imprevisto.

Dall'altra parte ci sono di quelli,anche nomi molto importanti, che si sono ritirati nella seconda parte o qui hanno avuto un calo importante e si sono gestiti i due quinti di gara finale con tanta difficoltà,ma sono arrivati al fondo.

Diciamo che nell'ultimo settore per ritirarsi bisogna essere proprio nei guai, perché uno che arriva ad Ollomont...deve arrivare al fondo.

E’ difficile vedere uno che si ritira da Ollomont alla fine, perché lì ormai uno ormai o muore o arriva. Ormai vedi la fine, per 50 km ancora, a costo di metterci un giorno, devi arrivare in fondo.

Tutto quello che succede nella prima parte è dovuto a impreparazione, a spregiudicatezza rispetto alle proprie capacità. Mentre invece è sempre aperta, durante tutta la gara, l'impredivibilità di tipo tecnico, chi si rompe il piede, chi il braccio, chi ha un cedimento.

Le cose belle

tdg2012-finisher foto enrico romanzi-1529E dunque quali sono i momenti più belli , in un viaggio del genere?

Quest'anno il momento più bello è stato quando arrivavo alle basi vita e sentivo la gente che urlava il mio nome. Mi vengono i brividi adesso a pensarci,aCogne,Donnaz,

Ollomont , dove non sapevo di avere tanta gente, tanti valdostani, che mi riconoscevano e mi volevano bene.

E’ l'aspetto epico di queste cose,

Premetto, urlavano anche il nome di altri, ma in quel momento io sentivo il mio.

A parte che l'interesse della gente in questi quattro anni è cresciuto moltissimo, si sono resi conto dell'importanza di del Tor per la notorietà della valle. Però il fatto che io abbia fatto venire a molte persone questo sentimento di simpatia, mi fa piacere.

L'ho detto, durante l'intervista all' Arrrivo, che mi è dispiaciuto di non sapere il nome di tutti percontraccambiare queste sensazioni.

A sentire gridare 'mauro saroglia' ero emozionato, non capivo più niente, a Donnaz, all'ingresso della base vita e all'uscita mi sembrava di essere un eroe..e io non mi sento così, volo molto molto più basso.

E invece è proprio così. Il Tor costruisce miti ..eroi.

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Si, però così non me l'aspettavo. Ho fatto dei begli arrivi, con belle acclamazioni, ma non mi aspettavo di essere supportato in questo modo durante la gara..Questa è stata la cosa più bella.

La Partenza no, in genere non mi piace. Tra l'altro rispetto agli anni precedenti nell'ultimo hanno tirato troppo per le lunghe con questa passerella dei top che uscivano dal gazebo, mentre tutti stavamo sotto lo striscione,mezz'ora sotto la pioggia.

Andava fatto tutto in modo un po’ più brillante...e via tutti.

Altri momenti belli? C'è questo aspetto più tecnico,apparentemente marginale: ogni tanto controllare l'ora e poter dire 'sono nei miei tempi' o addirittura in anticipo, anche questa è una piccola soddisfazione rispetto all'impegno che uno ci sta mettendo..

L'ora la guardavi spesso, o avevi dei punti prefissati?

Ormai ho l'abitudine, so benissimo come sono messo, ho in mente come sono passato nei vari posti, di giorno e di notte. Solo che il fatto di stare nei tempi previsti, nonostante le varie problematiche, mi faceva bene, pensavo ok, ho delle difficoltà ma le sto gestendo con impegno.

img 4500Anche il momento dell'Arrivo naturalmente è un momento fantastico,perché la conclusione è il premio di per sè dell'impegno profuso.

Ovviamente se arrivi davanti l'emozione è più forte , ma anche arrivare al 28° posto è stato un bel risultato lo stesso, un bellissimo risultato.

Bisogna immaginare cos'è il Tor , provare a farlo e soprattutto a finirlo, per capire..

E poi altri momenti belli sono anche quando tu, se hai come me difficoltà nella alimentazione, riesci comunque a mangiare, a gestire la tua alimentazione come e dove ti sei programmato. Anche questa è una soddisfazione, un momento positivo. Riuscire ad essere sempre lucido e fresco anche quando hai una qualche difficoltà, questo è il genere di 'cosa bella'. Bello è tutto quello che non ti porta a dei momenti di crisi.

Una battaglia per arrivare al termine

Beh, allora mi sembra che i tuoi Tor ti siano andati sempre bene..

img 4511Sono andati bene perché avete visto l'epilogo, però non è così, questa gara come dicevo è un libro giallo, non un romanzo di avventura.

In ogni pagina che giri c'è un evento, una difficoltà e io credo che ognuno di quelli arrivati in fondo e anche quelli che non sono arrivati, abbia dovuto combattere, nel vero senso della parola.

Chi è riuscito a risolverle in breve tempo perché erano interiori o erano nelle sue capacità, chi ci ha messo più tempo a gestirle ma è arrivato in fondo, chi non ce l'ha fatta e va riconosciuto che ci ha provato.

Io ho avuto negli anni sempre delle grosse difficoltà,assolutamente.

Se leggi il libro di Fabrizio Pistoni,Elogio del limite, lui descrive bene come mi ha visto al rifugio dell' Epeé. Ero in una situazione di crisi pazzesca, problemi gastrici, stavo malissimo, e lì è venuta fuori la mia forza,lo dico senza vanto. Io ero determinato, e sapevo che c'era il tempo per recuperare e rimettermi in quadro, non mi sono spaventato.In una gara di 30 km non sarei andato avanti, anche se sapevo che sarebbe finita presto.

Quello era il primo Tor?

Si, era il primo Tor. Anche il secondo è stato un Tor difficile, sono stato meno male, ma non ho mangiato niente, ho perso sette chili, che è una cosa molto grave, una cosa traumatica per il corpo. L'anno successivo il mio grosso risultato è stato anche favorito dalle due pause che ci hanno concesso, così il mio stomaco ha potuto rilassarsi.

 

Oltre alla difficoltà psicologica c'è la mente

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Le difficoltà sono queste, la gestione dei momenti difficili, ed è chiaro che in quei momenti viene fuori il carattere,la volontà, determinazione ,la motivazione per andare avanti.

Diciamo tutti che per il 75%, la gara la decide soprattutto la testa.

Un problema fisico, entro certi livelli, è gestibile con la mente, oltre la difficoltà psicologica c’è la mente che lavora. Chiaramente un problema fisico, traumatico importante non più gestibile, non ce la fai e basta.

 

 

 

La crescita del Tor e il parterre di campioni

086 copiaTorniamo al risultato del 2013, c'era un livello tecnico più alto che negli anni precedenti, oltreché anche un numero più alto di partecipanti,..

Consideriamo che si è passati dai 300 iscritti del primo anno ai quasi 500 del secondo, ai 600 del terzo e ai 740 dell'anno scorso.

Nel primo anno, nessuno me ne voglia, alla Partenza c’erano 300 persone tra cui una grandissima parte non aveva assolutamente l'esperienza per fare una gara del genere.

Gente che però in questi anni è cresciuta, il livello delle gare è aumentato, il Tor non è più un signor sconosciuto, ormai si sa benissimo della grossa difficoltà di una gara del genere.

La gente ha preso coscienza che non ci si iscrive ‘tanto per’ , ma bisogna andarci cauti e preparati, anche per non buttare via i soldi dell’iscrizione.

Il primo anno ho visto veramente delle facce impossibili, zaini senza senso, materiali non idonei, ..adesso vedo che il livello tecnico, inteso non come nomi, ma come predisposizione e capacità, sono aumentati.E questo è positivo,visto che non viene fatta una selezione, non viene richiesto un curriculum. Questa cosa è avvenuta in modo naturale,e questo non può che farmi piacere.

I nomi del 2013, per chi conosce l'ambiente, erano nomi da rabbrividire, si vociferava che sarebbe arrivato Kilian Jornet, che Bruno Brunod avrebbe fatto il colpaccio, che se c'era Carrera allora avrebbe vinto lui .

041 copiaNon si può restare indifferenti se ci sono nomi così. A me non piace fare le classifiche prima degli arrivi, mio malgrado però devo ammettere che eravamo di fronte a campioni molto collaudati come Carrera,Oscar Perez,Collé,Zanchi, ai due francesi Trivel e Bohard, freschi di grandi risultati, e ancora ad altri spagnoli, ad un americano,Hollon, da noi sconosciuto ma, si è visto poi, giustamente molto quotato. E'indubbio che concorrenti così lasciano sempre il segno, hanno un valore assoluto.

Brunod non è arrivato come si pensava perché anche lui ha avuto delle problematiche articolari; altrimenti sarebbe arrivato decisamente prima.

Agli inizi lo davo anch'io come sorpresa possibile , per la tenacia, la freddezza, la durezza, che tutti gli riconoscono.

Non ha però ancora l’esperienza per la gestione di una gara così lunga, qualcosa gli è mancato, forse anche a livello psicologico oltre che fisico. L'avrei dato non nei primi 5/6, ma nei 15 si.

Carrera lo davamo per protagonista, io anzi lo davo ancora di più come dominatore , e invece mi è piaciuta la lotta che ha portato avanti Oscar Perez, che ha fatto una grandissima gara. Di per sè mi ha entusiasmato di più Perez, anche perché è un personaggio molto umano, mi piace molto, rispettoad un personaggio robotizzato e tecnico come Carrera. Oscar Perez ha addirittura realizzato una media corsa più alta di Carrera.

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Le corse a tappe non mi interessano. Preferisco le gare in linea, pronti via, mi piace avere questa gestione della sofferenza indipendentemente dalle 12,15,30,50 ore, non è importante. Il panorama internazionale non è ricchissimo di gare simili,il Tor è assolutamente unico,però ci sono sempre di più gare sui 100 ed oltre.

Guardo sempre per preparare qualche gara diversa, cambiare zona, non ripetere le stesse cose.

L'anno scorso sono stato ad Andorra, sono stato in Francia due volte, e tengo sempre nel cassetto dei progetti come esperienze di vita, opportunità per portare avanti la mia filosofia.

O almeno..ci provo.

 

 

Sono Tecnico Nazionale del Soccorso Alpino , sono un Volontario del Soccorso Alpino, costituisco una unità cinofila da valanga con il mio cane, e presto servizio di turno nelle basi di elisoccorso piemontesi, Borgosesia Torino e Levaldigi.

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Da poco ho frequentato due corsi per diventare Istruttore Nazionale di Trail Running, ho dato dei suggerimenti, e dovrei far parte del corpo docente per il prossimo corso.

Sarebbe bello arrivare a fare del training per gare importanti come il Tor , ma anche gare più ..normali.

 

 

Anche questo è un aspetto del nostro movimento in crescita.

 

 

MAURO SAROGLIA