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Il pollo
Scritto da Somadaj   
Lunedì 27 Maggio 2019 16:21

 

 

              Il pollo       Ghilead n° 78 vs – maggio 2001
 
 
    E’ una soleggiata giornata di metà agosto quando faccio rotolare le sbilenche ruote del Chiodo nei dintorni di Torino rilassando mente e fisico nel verde rigeneratore della campagna.
    La sterrata che percorro è una qualsiasi delle centinaia che a ragnatela si diramano per ogni dove. La seguo cercando nei recessi della mente l’oscura ragione per la quale sempre mi trovo in queste condizioni a cavalcare un rottame che in qualsiasi momento può lasciarmi a piedi esalando l’ultimo respiro. Non avessi che lui capirei, ma con una splendida Specialissima da corsa ed una altrettanto splendida Argento Vivo della Cinelli (Gomme Grosse) a far bella mostra delle loro grazie sull’armadione, proprio non trovo giustificazioni di sorta. Salvo quella di “uscire per un giretto” e poi trovarmi impegnato sul rottame a fare sessanta e più km….
    Cercando di alleggerirmi sulla sella per quanto posso, mi concentro per evitare i sassi più aguzzi e le buche più profonde ed è così che ad un tratto l’imprevisto mi coglie impreparato. Un’ombra veloce, un improvviso starnazzare, un colpo secco e violento. Il silenzio che segue il successivo metter piede a terra non lascia presagire nulla di buono.
    Il pollo è disteso ad un paio di metri da me. Qualche fremito nelle zampe, poi più nulla. Volgo lo sguardo attorno a cercar motivo del suicidio, ma per quanto mi sforzi non individuo probabile causa alcuna. I campi appaiono curati, qua e la filari di alberi disegnano come steccati, fanno da vigili gendarmi a piccoli ruscelli irrigativi. Qualche uccello vola silenzioso e composto nell’azzurro del cielo.
    Mi sollevo sulla punta dei piedi e facendomi visiera con la mano mi produco in una carrellata di 360 gradi. Nulla, nulla di nulla per centinaia e centinaia di metri. Nessuna cascina, nessuna costruzione si scorge nei dintorni.
    Mi avvicino perplesso alla carcassa del pollo e mi chino su essa per trarne qualche valutazione. E’ indubbiamente un polletto giovane, dalle penne brillanti e l’aspetto ben nutrito. La carne, al tatto, è soda e dal vivace colorito; un bel pollastrello ruspante, direi, per nulla “randagio”.
    Da quali lande proviene e quale mai sarà stata le sua meta? Capisco esser domande quasi prive di senso le mie, ma sul momento sono le uniche che mi vengono alla mente. Mai mi sono trovato coinvolto in una simile situazione.
    Lo sollevo fra le mani stupendomi di trovarlo tanto caldo: la corsa? il sole, forse? Non pesa poi poco; a prima vista lo facevo assai più leggero.
    Non so proprio cosa diavolo fare. Portarlo a casa e cucinarlo? Vista come si presenta la storia sarebbe forse una soluzione razionale. Peccato che io razionale non sia… Così lo depongo con delicatezza fra i cespugli da dove è sbucato per farsi arrotare.
E così sia.
    Da dove provenga non ha importanza affatto, ormai, così dove forse desiderava arrivare. Sono quasi certo abbia scelto di sfuggire ad una realtà per lui troppo pesante, ad una delusione, ad un mondo che riteneva piccolo e incolore. Forse.
    Forse desiderava la libertà, forse desiderava diventare un gallo o, perché no, un tacchino. Non lo sapremo mai. Il dubbio che la sua morte non sia causata da mera distrazione bensì dal non aver trovato risposta alcuna ai suoi dilemmi esistenziali può assolutamente reggere.
    I polli, lo sanno anche i bambini, da quando mondo è mondo non pare abbiano mai eccessivamente brillato per le qualità del loro cervello.
 
 
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