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L'incidente
Scritto da Somadaj   
Lunedì 27 Maggio 2019 11:13

 

 

Ghilead n° 59 vs – novembre 1998


     La mano era fredda, ma lui finse di non accorgersene. Tirò a se con forza l'aria puzzolente che bordeggiava nei dintorni del naso, e si voltò verso lei sorridendo.
     “Piccola fottuta baldracca”, pensò offrendole un doppio ammiccamento con supplemento di “boccuccia a cul di gallina” estremamente sexy. L'avrebbe volentieri scaraventata dentro uno di quei cassonetti metallici che l'autocarro dell'Amiat con lentezza sollevava prima di ingoiarne il fetente contenuto, ma non sarebbe stata buona cosa, lo sapeva.
    L'educazione ricevuta sin dalla prima infanzia gli impediva di lasciarsi andare come un qualsiasi sottoprodotto umano, ma ora di questo quasi quasi si dispiaceva. Da un paio di vent'anni si trovava con questa palla (d'oro, è vero, ma pur sempre palla) al piede senza ancora sapere quale colpa orrenda gli fosse mai stata addebitata. Peccati di gioventù, si disse, errori che in qualche modo occorre nel tempo pagare.
    Fortunatamente aveva a ciò parzialmente rimediato concedendosi siparietti rosa gradevolmente rivitalizzanti. Erano solo “contentini”, però. Ora nel suo mondo era entrata prepotentemente Luisa, ed era un sentimento molto forte e sentito quello nato in lui, un sentimento che in tutta la sua dirompente vitalità lo schiacciava fortemente al muro della cella. Respirare forte, respirare forte e pensare…
    Sarebbe bastato un incidente… Un piccolo, irreparabile incidente…


    Lei sollevò lo sguardo che sino a quel momento aveva lasciato ruzzolare sulle diseguali fenditure del selciato e con fatica lo guidò alla ricerca di un attacco meno mobile. Lo trovò dopo qualche minuto in quella mano ossuta che con forza stringeva la sua.
    Che diavolo mai ci faceva, lei, con quell'uomo? Se lo era chiesto molte volte nell'arco di quei lunghissimi anni trascorsi al fianco di un essere che le ispirava solamente noia e disgusto.
    Tolti i primi otto, dieci mesi dal matrimonio – che tanto l'illusione durò – poi altro non fu che un crescendo beethoveniano verso la paranoia e la depressione.
Solamente grazie a Carlo, Antonino, Giacomo, a Tonino il tappezziere, a Guido l'idraulico era riuscita a superare le crisi più acute. Il suo cuore tremò nel ricordare le intense ore di amore vissute tanto gattopardescamente.
    Sorrise con amarezza, e sollevando gli occhi incontrò il sorriso di lui. “Vecchio babbione schifoso”, ed il sorriso le si allargò ancor di più sul viso reso insulso dalle troppe creme: “e tu pensi che Franca e Giulia siano figlie tue? Ahahah, babbeo!…”.
    Le mancava ormai moltissimo la libertà; troppo da che aveva conosciuto quel giovane operaio di Rivalta. Lui si che la faceva sentire ancora viva e piacente. Le sue promesse di vita comune, quei viaggi in paesi lontani che favoleggiava con lei al fianco, quella piccola villetta che lui sapeva in vendita a Portofino…
Non gli interessava del suo denaro, ne era certa; la purezza e la semplicità d'essere lo mettevano al di sopra di ogni sospetto. Lui l'amava, l'amava veramente, e se solo lei avesse potuto riconquistare la perduta libertà…
    Sarebbe bastato un incidente… Un piccolo, irreparabile incidente…


    La giovane segui con lo sguardo l'anziana coppia che mano nella mano trascinava le proprie macerie verso il centro della città. Un senso di infinita tenerezza fu in lei nell'osservare la palese atmosfera d'amore che come un alone di luce li circondava. Sarebbe mai, lei, riuscita a godere di una vita tanto serena e felice?
    Sospirò intensamente, e con decisione spinse la lucida maniglia di ottone entrando nella profumeria. Questo fu buono per lei; non senti lo stridio di freni, l'urlo mozzato a metà, il colpo sordo…
 
 
 
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