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Musinè
Scritto da Somadaj   
Giovedì 04 Luglio 2019 08:30

 

 

     Musinè

                                                                                                            17 – 11 – 2007  

 

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      “Ero in cantiere, ho alzato lo sguardo, visto il Musinè e pensato: perché non salire sino lì?”. Così il cuginetto Geo Sergiulin giovedì al telefono. Sempre più mi riduco a pantofolaio pigro, indolente, senza più stimoli, ormai seriamente preda del germe infausto della scamorza… senza però aver ancora perso l’attitudine mentale a considerare il chilometro lungo poco più di duecento metri! Così mi trovo a pensare: che vuoi che sia salire sino lì? Il fatto che sia locata a ridosso del percorso di tanti dilettevoli allenamenti invernali, poi, me la fa considerare ancora più gradevolmente vicina.
     Così il sabato mattina eccomi posteggiare Poppolina a ridosso del muro del campo di calcio. Zaino, pedule (Dio me la mandi buona!), bastoncini, e via. Sono le 9,45 circa.
     La prima parte è ancora più bella e comoda di quanto mi aspettassi: un selciato sassoso ma perfettamente “carrozzabile”, con pendenze non eccessive che permettono un perfetto riscaldamento. Sono lieto di aver vinto la pigrizia accettando l’invito; mi sento in pace con il mondo, e persino “in forma”.
     La “carrozzabile” sarà lunga un 4-500 metri, e ci conduce alla chiesa di Sant’Abaco. Di lì si cambia decisamente fondo e pendenza. Il sentiero è ora ripido e dal fondo sasso-ghiaioso, decisamente bruttino. Molto sfruttato (parecchi sono coloro che ci superano: atleti impegnati nel farsi gambe e fiato, giovani coppiette con piccoli zaini e occhi sognanti, persone di mezza età (anche signore) che paiono camminare in scioltezza. Saranno abituè, penso sospirando.
Anche cani di taglia medio-grande sono impegnati nel percorso. Cani socievoli, senza stress, che accettano le coccole. Al guinzaglio, ma anche liberi.
     La prima parte della salita, direi, ma potrebbe così apparirmi perché ancora ho sufficienti energie, è duretta ma non difficile. Sempre brutto il fondo, con sassi aguzzi (sono quasi tutti “taglienti” anzichenò) e materiale ghiaioso. Non appare compatto: è molto secco, quasi a franare sotto i piedi. Più si sale, però, più si mettono in evidenza grandi e ruvidi sassi piantati al suolo, sassi che per essere superati richiedono alle mie gambe notevoli sforzi.
img_1699musine2    Sono le 12,30 quando siamo in vetta, e vi giungo discretamente stanco, con i muscoli delle gambe assai pesti. Nel salire i piedi sono rimasti in silenzio, ma non mi faccio soverchie illusioni; è la discesa il loro tallone d’Achille. Sono comunque discretamente soddisfatto: “750 metri di dislivello in due ore  e 45 - dice Sergiulin - siamo andati discretamente bene…”.
     Mando giù un panino con due fettine di formaggio, poi – non ho, come solito, appetito – sentendomi vuoto, prima di iniziare la discesa (13,40) mando giù una “bomba” (Multipower active – multi-carbo-gel) che però mi sorregge (bene!) solamente per mezz’ora. Indi vado in riserva… e poi finisco anche quella! (con me una sola bustina… ).    
     Seguono, allora, due appoggi a terra. Il primo è nello scendere da uno “scalino” troppo alto; la gamba, flessa nello scendere, mi molla ed io mi lascio andare sedendomi sul masso. Parecchie autorisate a denti stretti. Nella metà terminale – sabbio-ghiaiosa – sono ripetutamente coinvolto in scivolate che mi fanno smoccolare non poco. Ormai gambe e caviglie non mi reggono più ed il rischio di cadere sulle aguzze lame infitte al suolo è sempre più presente. E cado, fortunatamente non sulle lame. Subito subito sorrido, poi mi incavolo come una bestia; NON RIESCO A TIRARMI SU! Mi sollevo con fatica a metà, poi il peso dello zaino mi riporta seduto. O togliere lo zaino, oppure serve una mano di Sergiulin. Buona quest’ultima. Però la cosa mi spedisce moralmente ancora più giù.
     Di lì a Poppolina è un’oretta di calvario (l’ultimo tentativo, con mezza barretta di maltodestrine - alle 15,27 - serve a nulla), con il km. finale percorso nel timore di cadere per mancanza di energie. Le scorte energetiche non esistono più: serbatoio sotto lo zero. Cerco in tutti i modi di non flettere le ginocchia, consapevole che un piccolo piegamento, irrecuperabile, mi può fare cadere. Mi trascino così lentamente alla vettura… retto da due gambe che tremano come foglie! Poppolina mi raccoglie a portiere aperte alle 16,25. 
 
     2h 45’ per salire, 2h 45’ per scendere… Ohi ohi ohi, che miseria!
Unica consolazione è che i piedi non si sono eccessivamente lamentati. O forse tanto sono fuso da non sentire le loro grida…
 
                                                                                                                 Ernesto Ceraulo "Somadaj"
 
 
 
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