Scritti Scritti I limiti erano nella mia testa
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
I limiti erano nella mia testa
Scritto da Guido Borio   
Mercoledì 29 Maggio 2019 09:07

 

 

I limiti erano nella mia testa

                                Ovvero il mio Chaberton
 
     Ci sono quei miti che ti rimangono fin da bambino, uno di questi per me era e lo è ancora lo Chaberton. E’ un mito un po’ per tutti, per gli amanti della storia militare, per gli escursionisti, per i bikers, per fuoristradisti (fino a quando la strada era percorribile) e anche per i motociclisti.
     Mio papà ci era andato con mio nonno partendo da Chateau Beaulard in 13 ore, aveva fatto ancora le foto con i cannoni montati e in posa vicino ad un ordigno.
lo ci sono stato a piedi prima con mio nonno e poi con mio papà partendo però da Claviere, poi un paio di volte con la mountainbike partendo da Fenils.
     Quando facevo atletica sul serio, tra i 14 e i 20 anni, si correva la corsa allo Chaberton e io, vuoi per l’età e vuoi perché era meglio non compromettere la stagione, non l'ho mai corsa. Poi hanno smesso di farla, io ho smesso di correre per colpa del tendine di Achille.
L'anno scorso vedo che la organizzano di nuovo e mi sono detto "quasi quasi…". Ma cribbio, l'hanno allungata! Così è troppo non ce la posso fare, una MARATONA!
CON DUEMILASETTECENTOSETTANTASEIMETRIDIDISLIVELLO, NOOO.
     Poi questa primavera grazie alla mia osteopata riesco a ricominciare a correre con continuità, ogni tanto sbircio il sito www.chabertonmarathon.eu con la speranza che facciano quella corta con la salita allo Chaberton ma niente. Ma un giorno una coppia di amici (Nico e Annalisa): "Dai falla… la fai con me (lei), mi accompagni. Nico non potrà esserci".
     lo incomincio a fare qualche test, provo a correre in montagna, allungo gli allenamenti in pianura, il tendine regge e il resto del fisico pure, va bene! Faccio l'iscrizione, ormai sono "panato" non posso più tirarmi indietro. Per scaramanzia non lo dico a nessuno, poi nelle ultime settimane c'è una "fuga di notizie" complice poi anche la pubblicazione degli iscritti.
 
3 Agosto
     Ore 7e45 sono lì in mezzo ad altri 500 "pazzi". Che bello, erano anni che non stavo al via di qualcosa di "importante", dal '91 quando partii alla maratona di Torino ma complice il tendine maledetto non riuscii a finirla. Sono apparentemente tranquillo, sereno, consapevole delle mie forze, carico come una molla. La mia unica preoccupazione sono quei 4-5 km da Fenils a Cesana; dopo 37 km non so come arriverò lì.
 
Ore 8 si parte !
     Subito in discesa, ma poi ci infiliamo in una strada sterrata dalla pendenza corribile. Annalisa la perdo subito, non avevo dubbi è molto più allenata di me. Prendo il mio passo, finisce la pacchia: ci si infila sul tracciato di uno skilift fino al colletto che precede lo Janus (2540m) prima vetta della giornata. La discesa è subito tecnica, recupero qualche posizione, passiamo velocemente (si fa per dire) la vetta del Gondrand (2460m) si ridiscende e poi su! su un bel sentiero fino in vetta allo Chenaillet (2650m). Mi fermo a stringere i lacci delle scarpe. Da qui in poi l\'obbiettivo è lì davanti in tutta la sua maestà, lui lo Chaberton (3131m) e lì che ci aspetta, ma qualcosa non va; dal Colletto Verde in poi per me è una sofferenza, è un tratto corribile con sali scendi di quelli dove puoi recuperare un po' di forze, ma niente; mi viene male allo stomaco e faccio una fatica tremenda. Perdo un sacco di posizioni. Sono disperato: che faccio mi fermo a Claviere? No, non posso, in cima allo Chaberton c'è Matteo (mio figlio) salito con altri amici ad aspettarmi, non posso tradirli.
     Arrivo a Claviere, mangio un po’ di albicocche secche, riempio il Camelbak e riparto con calma camminando anche nei tratti in falsopiano, la salita è lunga.
Fa caldo. Ad un certo punto vedo un bel pino, grande, con bel praticello sotto; arrivò là e faccio una sosta. Non ho tempo di sedermi che sento urlare "Guidoooo! Cosa fai!". E’ Antonio, e io: "Ma no dai! Un po' di ombra! Un po' di fresco!". Mi rialzo, passo vicino a lui: "Dai, li sopra c'è il ristoro". Una ragazza che è lì: "I primi due sono già arrivati a Cesana!". Cribbio, io devo ancora salire in cima!
     Arrivare al colle è lunga, ma ancora più eterno è arrivare dal colle in cima. Sembra sempre lì la vetta, non arriva mai, ma su mi aspetta Matteo!
Eccolo! "Dai papi!". Che bello, mi vengono le lacrime agli occhi. Prendo per mano lui e i suoi due amichetti Giulio e Carlotta e corro felice verso il tappeto per il chip, bevo al ristoro, cocacola è la cosa che mi disseta di più, chiacchiero quasi una decina di minuti con i miei amici e mi coccolo un po’ Matteo, che è stato bravo anche lui ad arrivare fino quassù.
     Ancora uno sguardo al panorama che da qui e superbo e via! Giù in picchiata mi aspettano 1900m di dislivello in discesa in 7 km, prima per ghiaioni, poi un pò di strada e poi fuoripista in mezzo ai prati. Mi fermo un paio di volte, più che a prendere fiato a far riposare i piedi.
     Arrivo a Fenils, ecco gli ultimi km con ancora salita. Parto bene, riesco persino ancora a correre, recupero 4 posizioni, ma ho fatto male i calcoli: negli ultimi 2 km mi si induriscono le gambe e incomincio ad avere principi di crampi. Riperdo le posizioni conquistate, stringo i denti, prendo lo slancio dall'ultima discesa e corro verso il traguardo, attraverso Cesana e batto il 5 a destra e sinistra agli spettatori che porgono la mano, ultima curva ci sono Paolino, il mio figlio più piccolo e Vilma mia moglie, corro gli ultimi 50 metri con Paolino per mano, passiamo sotto il traguardo, sento il beep del chip… E’ finita: setteoreequarantacinque. Sono felice come un bimbo il giorno di Natale, stanco ma felice!
     E stato bello, bellissimo. Sarebbe potuta andare meglio? Forse sì, ma chi se ne frega, sono felice così; ho portato a termine una sfida con me stesso, con la mia testa, con il mio tendine, con i miei 90kg. Se mettono le categorie a peso è fatta!
     Lo rifarò? Non lo so. Oggi no! Ho male un po\' ovunque ma pensavo peggio, faccio solo fatica ad alzarmi. La schiena è dolorante, le gambe vanno bene i piedi anche, neanche una vescica! Forse qualche unghia nera, forse domani sarà peggio!
     Grazie a Vilma che mi ha sostenuto ancora in questa mia piccola impresa, ai miei genitori che mi hanno trasmesso la passione per la montagna, a Laura la mia Osteopata, senza di lei non riuscirei a correre, a Nico e Annalisa che mi hanno convinto, agli amici che mi hanno fatto coraggio sul percorso.
                 
                                                                                                                           Guido Borio
 
 
 
Copyright © 2024 Podoandando. Tutti i diritti riservati.
Joomla! è un software libero rilasciato sotto licenza GNU/GPL.