Podoandando Podoandando la Regina delle nevi
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la Regina delle nevi
Scritto da Somadaj   
Sabato 06 Luglio 2019 09:19

 

 

 

 

   la Regina delle nevi

                                                               laghi di Estoul - val d’Ayas        16 giugno 2007  

   

 

     Ad un tratto mi appare la madonna. Che strano, mi dico, non sono affatto stravolto dalla fatica, e neppure ho chiesto aiuto a Qualcuno…

O è forse una stella alpina fatta jum jum?…

     Lei si ferma a chiacchierare brevemente con noi, e solo allora mi accorgo delle due superbe tigri dai denti a sciabola che la accompagnano.

Elegantissime, dall’intenso sguardo di ghiaccio.

Due temibilissime guardie del corpo, oserei dire.

     Lei è giovane e bellissima, con uno sguardo che contiene l’anima del sole. Non ho messo gli occhiali scuri che da sempre si consigliano per le gite in montagna, così la luce entra dentro me accecandomi il cuore.  Potrebbe essere Kim… E’ Kim! Se sino ad allora i battiti avevano ondeggiato sui 180, ora sono certamente 300 e più!

     Ricordo il titolo di un libro letto in gioventù: “La Regina delle nevi”. Sarà Lei?

L’emozione del momento mi porta a chiederle se si sta allenando per il… TRIAL! (gare con moto speciali che si arrampicano sui sassi. Invece di TRAIL, gare di corsa in montagna…).  Sorride, dice di no, poi timidamente confessa: ha intenzione di fare una gara che, mi pare di ricordare ma ero confuso (sapete come capita ai ragazzini come me quando incontrano una ragazzina come Lei…), si terrà domenica (quale, quando, dove? Chi lo saprà mai...).

     Ci congediamo - un pò a malincuore… Vorrei tornare con Lei ma gli amici mi tacciano per pedofilo… E poi, forse, non avrei le gambe allenate per reggere il Suo passo - ; noi riprendiamo la salita, Lei la veloce discesa. Solo allora vengo colpito da un lampo: POSSO PORTARLA CON ME!  E’ ormai lontana, ed io grido con tutto il fiato che mi resta. Si ferma, si volta, alza il braccio a salutare. Poi si accorge che sto per fotografarla. Non fugge, sa di essere bella. Sorride, ed io l’afferro…

Ecco, il ricordo di questa gita in Val d’Ayas se vogliamo è tutto qui, indelebile. Mi sforzo per ricordare qualcos’altro, perché è giusto, e appaiono spezzoni.

     Con noi (anzi, noi con loro) Beppe e “Dolores”, due simpaticissimi e giovanili coniugi amici di Carla e Sergiulin. Lei, in realtà, non si chiama proprio Dolores, bensì Montsè (spagnola di Barcellona), ma è nome che non riesco a memorizzare, perciò, al solito… La meta si trova, appunto, in Val d’Ayas: i laghi di Estoul.

     La salita ai laghi è facile, molto bella. I primi 800-1000 metri si dipanano su di un ampio sterrato, poi si imbocca un comodo sentiero nei boschi che bordeggia il fianco della montagna portandoci a salire sulla destra.

     L’inizio della passeggiata ha del divertente. Il primo bivio sullo sterrato si presenta con un punto interrogativo stampato sulle labbra: un sasso con un segno giallo indica il dritto dicendo: di qui, di qui… mentre Sergiulin dice invece: di là, di là… Venti minuti di pausa dedicati al comune disquisire, poi si seguono le dritte di Sergiulin. Quelle giuste, risulterà poi. Pochi passi, però, perché il cuginetto decide di fare una fotografia. Ma la macchina non vuol saperne di funzionare. “Sun discariase le pile!…”. Le sostituisce, ma niente. “Anche custe sun discarià!…”. Gli do le mie, caricate ieri, ma anche queste… “Oh… sun dismenciame da spustè l’deviatur……” (una levetta che posizionata sulla destra permette le foto, sulla sinistra di vederle). Direi proprio che la giornata si presenta sotto i migliori auspici; ho di già mal di pancia dal ridere!

     Il sentiero si arrampica sinuosamente nel bosco offrendo non di rado pregevoli postazioni Click!, uscendo infine allo scoperto su ampi, sassosi pascoli seghettati da un rio-torrentello. Che si rivelerà per me incubo dovendolo superare più volte. E’ cosa ridicola, ma è così: mi fermo sgomento sulle sponde mentre gli amici lo superano in disinvoltura saltellando su di un paio di sassi. Temo di scivolare. Di annegare no, ma di cadere sbattendo sui sassi si. Temo, dopo i dolori provati sino a non molti mesi fa, di ribloccare la schiena che al momento pare di vetro, così che mi presento al “guado” più rigido di un baccalà. La paziente opera delle squadre di soccorso che mi prendono in braccio per farmi superare le rapide, fa si che pian piano mi tranquillizzi.

     Poi l’incontro con la Regina delle nevi e le sue tigri (che gli amici sostengono essere un solo cagnolino. E per nulla feroce. Boh, erano certamente distratti da Lei), e poco dopo i laghetti.

     Siamo sui 2450 metri di altitudine, e lo spettacolo attorno a noi è quello che sempre offre la montagna: meraviglioso.

Un vento fresco (freddino…) turbina su questa conca increspando le acque del lago (“Superiore”. Si tratta infatti di due laghetti uno sopra l’altro), e qualche indumento in più è necessario indossare.

     Sino ad ora ho camminato senza assolutamente risentire di mal di gambe o di fatica. Siamo saliti lentamente, qua e là soffermandoci per qualche foto-cartolina, chiacchierando. Ora Beppe e “Dolores” si propongono di salire alla Punta Valnera. Mi sento bene, ma non desidero esagerare; la parte più impegnativa è per me la discesa, ed è tutta da affrontare. Mentre con Carla e Sergiulin mangiamo un boccone loro salgono, e dopo un’ora e un quarto sono di ritorno. Due veri camosci.

     Ora Sergiulin manifesta il proposito di salire al passo della Bocchetta, ed io vado in crisi nera! Se anche lui è in grado di arrivare sin lassù con tutto quello che ha passato…

    Per non lasciarmi solo “Dolores” e Carla restano con me, ed io precipito sempre più verso il fondo del canalone. Mi danno l’impressione di due badanti che si prendono cura di un vecchio rimbambito. Magono ancor più pensando a questo cuore che con tutti i suoi disordinati tun tu-tun non vuole saperne di invecchiare, che ostinatamente mente dicendomi “Trenta, hai trent’anni…”, ribelle, che si rifiuta di accettare limitazioni di sorta. Penso alla Regina…… 

     Si scende. Sono le 14,25 quando le gambe si rimettono in moto. Piano piano il senso di vuoto, di assurda debolezza fisica e mentale, di scoramento che per un’ora almeno hanno avuto possesso di me, scendono sino alle pedule, e di lì al suolo, scomparendo.

     Ancora qualche fotografia, mentre Carla e “Dolores” altro non fanno che riempire la vallata del loro incessante chiacchierio. Forse sono anni che non si vedono, penso fra me e me, o forse è in atto fra loro una gara a chi ha più fiato da spendere. Comunque sia sono “uno spettacolo”!

     Al solito, scendendo, i piedi cominciano da subito a litigare con le pedule. Malgrado siano stati da me bellamente trasformati in “mummie” tanto li ho con cura bendati, proprio non ne vogliono sapere di vivere in pace. Sono belligeranti nati, ma la cosa non mi turberebbe più di tanto non fosse che a rimetterci sono al solito io. L’ultimo km. è veramente da “penitente classe maxima”, da peccatore che, per intenderci, deve farsi perdonare il desiderio folle di novella vita in compagnia della Regina delle nevi…

Così debbo riascoltare la ramanzina di Sergiulin, con l’aggiunta della compassata saggezza di Beppe.

     “Come, non ti sei portato delle comode scarpe di ricambio? Come, non hai legato bene le pedule? Come, non hai ancora compreso che il piede non deve scorrere all’interno della scarpa? Come, non sai che per evitare il più possibile male qui, lì, là, devi fare così, comì, cosà?

Non hai messo la crema ad alta protezione? Bravo! Non hai messo gli occhiali scuri? Bravissimo! Cos’è questa balla del “test”?”.

     Un grazie ai coniugi Banfo, splendidi compagni di gita, che mi hanno sopportato, sorretto, e pure scarrozzato su di un bellissimo X-Trail; serenamente, incantevolmente.

     E’ stata una giornata di vita bellissima: ho vissuto per un’attimo nella fiaba della Regina delle nevi, e conosciuto Beppe e “Dolores” - a parte la montagna per la quale non esistono aggettivi in grado di descriverne adeguatamente le molteplici bellezze - ed ho pure “vinto” un paio di bastoncini leggeri e calibrati per meno faticare scarpinando.  Grazie a Carletta e Sergiulin…                   

                                                                                                                                     Ernesto Ceraulo "Somadaj" 

 

 

 

 
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