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Beethoven podista?...
Scritto da Somadaj   
Lunedì 27 Maggio 2019 09:15

 

 

                                                                                                                                                                                                                                                                      Ghilead n° 36 vs – gennaio 1996

 
   Se confermata la notizia è veramente di quelle in grado di rivoluzionare la teoria della relatività. Carteggi ritrovati preso una lontana zia ungherese di un piccolo barbiere di Heiligenstadt sembrano proprio sostenere che uno dei più grandi geni musicali mai esistiti si sia dilettato con la corsa.
    Nato il 16 dicembre 1770 a Bonn, e morto a 57 anni a Vienna (26 marzo 1827), il grande musicista ebbe una vita quanto mai intensa e burrascosa.
    Di carattere decisamente non facile, estremamente caparbio e battagliero, non disposto ad accettare da chi che sia regole e restrizioni, mal sopportava l’uso della scivolosa diplomazia.
    Figlio di Johann van Beethoven e Maria Magdalena Keverich (il primo musicista e cantante di Corte, debole di carattere ed assai propenso al bere - la seconda, di carattere estroverso, vero cardine della famiglia ma che purtroppo morì a soli 41 anni), non ebbe una infanzia tra le più facili trovandosi, a 17 anni, nella necessità di provvedere, oltre che a se stesso, pure al genitore ed a due fratelli.
    Una vita certamente non in discesa la sua, decisamente in grado di cancellare l'infanzia, la spensieratezza propria della gioventù riscrivendo da capo quelle pagine senza omettere tragiche e traumatiche realtà.
    Ora, però, pare aprirsi un nuovo spiraglio di luce sulla complessa vita del Maestro e questo, come menzionavamo all’inizio dello scritto, proprio grazie a delle lettere ritrovate da un noto studioso tedesco, il professor Wolkswagen.
    Il barbiere di Heiligenstadt, tal van Konigliaken, uso trascorrere parte della giornata a correre nella incontaminata campagna che circonda la ridente cittadina, scrive alla propria lontana zia ungherese della propria travolgente passione, ed è proprio da queste missive che traspare l’immagine del Beethoven podista.
    “Abber shumacher finker tanke zimmerman”, scrive il Konigliaken nella lettera del 31/02/'803: “Ho conosciuto correndo un nuovo amico”.
    L’immagine di questo nuovo amico è una immagine estremamente forte e marcata, controversa e controvertibile.
    “Zakke fraken orentaghen 38’j40” frusskertangher…”.
    “Ieri ho corso con Lui per 38’ e 40”. Corre in modo disordinato, quasi colpendo l’aria con i pugni, e mentre corre urla e canta…”.
    Nel 1802 l’unico che vagava per la campagna di Heiligenstadt urlando e cantando era Ludwig van Beethoven!  Erano gli anni della terza sinfonia, l’Eroica, delle lettere all’Immortale Amata, del “Testamento”.
    L’anima del musicista maturava in un crescendo di sofferenze e disperazione per l’incalzare della sordità, pur se luminosi attimi di serenità e speranza ancora non gli erano negati.
    Significativo nella sua vita il grande amore per la natura dalla quale pareva trarre forza e ispirazione. La sinfonia numero sei, “Pastorale”, illumina emblematicamente questo Suo sentire. L’avvicinarsi del temporale durante una “Festa di paese”, il suo culmine, il suo allontanarsi brontolando mentre sulla campagna resa tersa dalla pioggia i morbidi raggi di un sole finalmente libero creano una atmosfera fiabesca dalla quale si eleva il canto di ringraziamento di un pastore.
    Questo quarto tempo, allegro con brio, è forse scaturito dal Suo Genio durante un “allenamento con acqua”? Il Konigliaken non ci aiuta a comprendere, anche se nelle sue lettere alla zia scrive più volte di entusiastiche uscite sotto l’infuriar di temporali. Probabilmente durante una di queste - forse, chissà - al suo fianco scalpitava un gesticolante ed irrequieto omino nero?


    Il fisico del grande musicista non pareva proprio quello di un maratoneta, a leggere le cronache di allora: piuttosto massiccio e con una altezza, se così si può dire, di un metro e 64 centimetri. La Sua falcata non sarà stata granché, anche se avrà certamente a questo supplito con una elevata frequenza di ritmo.
    Lo stesso van Konigliaken non brillava per quanto riguarda l’altezza fisica se pensiamo che scrive: “Il mio nuovo amico è poco più alto di me…”, ciò nonostante giornali dell’epoca lo descrivono come discreto protagonista nelle gare locali, specie se disputate sulle lunghe distanze.
    D’altronde anche le mani stesse di Beethoven, stando ai calchi eseguiti alla Sua morte ed ai “sentito dire”, non parevano essere di quelle più indicate allo scorrere sui tasti del pianoforte, eppure da esso sapevano trarre suoni tanto meravigliosi da far perdonare a chi le possedeva un carattere a dir poco scorbutico.
    Le lettere del Konigliaken rivelano del nuovo amico altri aspetti caratteriali che lo identificano, con pochi elementi di dubbio, con il Genio di Bonn. Non solo lo definisce “Sordo ad ogni richiamo e ribelle” (in merito a programmi di scalette, ripetute sui mille, progressioni, eccetera) ma addirittura riferisce di un episodio che cronache storiologiche attribuiscono concordi al Maestro stesso.
    “Braghe kraffen al brunketraghen”.
    “Le smorfie e gli urli paurosi fecero fuggire terrorizzate le pecore sollevando le ire del pastore”.  Si è sempre scritto trattarsi di una coppia di buoi quella spaventata con le smorfie e le grida dal Maestro, ma non metterei troppo la mano sul fuoco riguardo questa ultima affermazione. Una cattiva traduzione, oppure una pessima conservazione dell’originale; anche errate “voci di popolo” potrebbero trovarsi all’origine della lieve discrepanza.
    Gli scritti del piccolo barbiere di Heiligenstadt alla zia ungherese terminano misteriosamente nel 1824, anche se vi è motivo di credere siano proseguiti almeno sino al 1842, data della scomparsa dell’anziana parente. Forse persi in traslochi, forse bruciati per trarne luce e calore, forse distrutti da calamità sismiche o chissà mai che altro. In ogni caso la loro importanza storica è pressoché nulla, se si esclude quanto emerge da quelle sin qui da noi considerate.
    Da parte mia non desidero andar oltre questa esposizione dei fatti nel timore di forzare la realtà, realtà che al di sopra di ogni ragionevole dubbio pare confermare l’esistenza di un Beethoven podista. Che abbia esercitato questo sport a livello agonistico oppure per diletto non ci è dato sapere e neppure, in fondo, è cosa che ci possa interessare.
    La cosa che più colma il cuore di gioia è l’apprendere che l’autore di tante meravigliose sinfonie, di sublimi quartetti, di concerti per pianoforte e orchestra e di innumerevoli altre composizioni certamente fra le più belle al mondo, nella Sua pur travagliata esistenza ha ritagliato momenti di vita nelle quali ha vissuto le nostre medesime esaltanti sensazioni.


E’ bello poter pensare:
    Ludwig van Beethoven era uno di noi!
 
 
 
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